24 novembre 2018

Il teorema di Sylvester-Gallai

Nel 1944, il matematico ungherese T. Gallai pubblicò una dimostrazione del seguente
risultato, rispondendo in tal modo ad un quesito posto nel 1883 da J. J. Sylvester:
Teorema. Consideriamo un insieme finito di punti di $\mathbb{R}^2$ tali che una retta passante per due qualsiasi di essi ne contenga un terzo. Allora tutti i punti sono allineati.
In altre parole, dato un insieme di punti non tutti allineati nel piano reale, esiste almeno una retta che contiene esattamente due di essi. Osserviamo che il teorema sussiste anche nel piano proiettivo $\mathbb{RP}^2$, dato che una configurazione finita di punti in tale piano può essere trasformata in una configurazione nel piano euclideo senza cambiare l'insieme delle rette che li congiungono, semplicemente scegliendo come retta all'infinito una retta che non contenga nessuno dei punti.

Oggi sono note molte dimostrazioni differenti del Teorema di Sylvester-Gallai. Una discussione di quella originale di Gallai può trovarsi in [BM90], mentre nella corrispondente pagina Wikipedia ne sono riportate altre due.

La prima, dovuta a L. M. Kelly, è di carattere geometrico elementare, e utilizza un argomento per assurdo basato sull'esistenza di una coppia (retta congiungente due punti, terzo punto) tale che gli elementi della coppia abbiano distanza minima fra tutte le possibili coppie di tale tipo.

La seconda, dovuta a E. Melchior, utilizza la teoria delle dualità, considerando la configurazione di rette in $(\mathbb{RP}^2)^*$, duale della data configurazione di punti in $\mathbb{RP}^2$, e mostrando  con un delicato argomento topologico che, se tali rette non passano tutte per un punto, allora esiste almeno un punto di $(\mathbb{RP}^2)^*$ per il quale passano esattamente due di esse.

È importante notare che il teorema di Silvester-Gallai non può essere generalizzato al piano
complesso $\mathbb{C}^2$ o, equivalentemente, al piano proiettivo $\mathbb{CP}^2$. Infatti, per un ben noto risultato di geometria algebrica elementare, i 9 punti di flesso di una cubica piana liscia $C_3$ in $\mathbb{CP}^2$ (ossia, di una curva definita da un'equazione omogenea di terzo grado $F(x, \, y, \, z)=0$) hanno la proprietà che la retta passante per due qualsiasi di essi ne contiene anche un terzo. Ciò è un'immediata conseguenza del fatto che i 9 punti di flesso di $C_3$ corrispondono esattamente ai punti di 3-torsione nella legge di gruppo sulla curva (definita da "tre punti hanno somma nulla se e solo se essi sono allineati").

Tali 9 punti di flesso, insieme alle 12 rette che li congiungono,  formano la cosiddetta configurazione di Hesse, indicata anche con il simbolo $9_4 12_3$, dato che vi sono 3 punti su ogni retta e 4 rette per ogni punto. Dal teorema di Sylvester-Gallai segue che la configurazione di Hesse non può essere realizzata su $\mathbb{R}$, cioè che i 9 flessi di una cubica liscia non possono avere tutti coordinate reali.


La configurazione di Hesse (fonte Wikipedia)


Riferimenti.

[BM90] P. Borwein, W. O. J. Moser: A survey of Sylvester's problem and its  generalizationsAequationes mathematicae 40 (1), 111-135 (1990)

06 novembre 2018

L'equazione funzionale di Cauchy

Problema. Supponiamo di avere una funzione $f \colon \mathbb{R} \to \mathbb{R}$ tale che $f(x+y)=f(x)+f(y)$ per ogni $x, \, y \in \mathbb{R}$. È vero che  $f$ è una funzione lineare, ossia della forma $f(x)= kx$ per un fissato $k \in \mathbb{R}$?
L’equazione funzionale
\begin{equation} \label{eq:Cauchy}
f(x+y)=f(x)+f(y)\tag{$*$}
\end{equation} è detta equazione funzionale di Cauchy. È facile rendersi conto che, se $f \colon \mathbb{Z}  \to  \mathbb{Z}$ verifica $(*)$, allora $f$ è lineare sugli interi. Infatti si ha
\begin{equation*}
f(2)=f(1+1)=f(1)+f(1)=f(1) \cdot 2,
\end{equation*} da cui, iterando, si ottiene $f(n)=f(1) \cdot n$, cioè $f(n)=kn$ con $k=f(1)$. Una semplice variante di questo argomento mostra che, se $f \colon \mathbb{Q}  \to \mathbb{Q}$ soddisfa l'equazione funzionale di Cauchy, allora $f$ è lineare sui razionali.

Quando invece si considerano funzioni $f  \colon \mathbb{R}  \to \mathbb{R}$, la natura delle soluzioni cambia radicalmente. Nel 1821, A. L. Cauchy dimostrò, nel suo seminale Cours d’Analyse, che ogni funzione reale che soddisfi $(*)$ e che sia anche continua è necessariamente lineare. Successivamente, nel 1875, G. Darboux provò che, per garantire la linearità, è sufficiente la continuità di $f$ in un solo punto [D75], e cinque anni dopo fece vedere che basta supporre che esista un intervallo nel quale $f$ sia monotona [D80].

La questione venne completamente risolta nel 1905 da G. Hamel [H05], dal cui lavoro risultò che la generica soluzione dell’equazione funzionale di Cauchy su $\mathbb{R}$ è una funzione patologica, cioè non lineare. Il procedimento di Hamel per ricavare le sue soluzioni patologiche era non costruttivo, e faceva uso di quella che oggi viene chiamata una base di Hamel di $\mathbb{R}$ come $\mathbb{Q}$-spazio vettoriale, la cui esistenza è equivalente all’assioma di scelta.


G. Hamel (fonte: Berliner Mathematische Gesellschaft)

Per quanto detto sopra, ogni soluzione patologica dell’equazione funzionale di Cauchy è necessariamente discontinua in ogni punto e non-monotona in ogni intervallo. Si può anche far vedere che ogni tale funzione è non-misurabile secondo Lebesgue. Per maggiori particolari sull’equazione funzionale di Cauchy e sulle proprietà delle sue soluzioni patologiche, il lettore può consultare [MSE423492].


Riferimenti.

[D75] G. Darboux: Sur la composition des forces en statiqueBulletin des Sciences Mathématiques et Astronomiques 9 (1875), 281-299.
[D80] G. Darboux: Sur le théorème fondamental de la Géométrie projective, Mathematische Annalen 17 (1880), 55-61.
[H05] G. Hamel: Eine Basis aller Zahlen und die unstetigen Lösungen der Funktionalgleichung $f(x+y)=f(x)+f(y)$, Mathematische Annalen 60 (1905), 459-462.
[MSE423492] https://math.stackexchange.com/questions/423492/overview-of-basic-facts-about-cauchy-functional-equation