27 dicembre 2020

Snobbishness

It is the snobbishness of the young to suppose that a theorem is trivial because the proof is trivial.

Attributed to John Henry Constantine Whitehead (1904-1960).

24 dicembre 2020

I numeri tribonacci

La successione definita per ricorrenza da $$T_n=T_{n-1}+T_{n-2}+T_{n-3},$$
in cui ogni termine è la somma dei tre precedenti, è detta successione dei numeri tribonacci

Ponendo $T_1=T_2=0, \, T_3=1$, i primi termini sono $$0, \, 0, \, 1, \, 1, \, 2, \, 4, \, 7, \, 13, \, 24, \, 44, \, 81, \, 149, \, 274, \, 504, \, 927, \, 1705, \, 3136, \ldots$$
vedi [1].  Il nome "tribonacci" (chiaramente ispirato da "Fibonacci") fu suggerito da Mark Feinberg , che studiò la successione in [2], dimostrando che il rapporto $T_n/T_{n-1}$ converge a $$\frac{\sqrt[3]{17+3\sqrt{33}} - \sqrt[3]{-17+3\sqrt{33}} - 1}{3}=0.5436890126 \ldots,$$ l'unica radice reale dell'equazione $x^3+x^2+x-1=0$. 

La brillante carriera matematica di Feinberg, che all'epoca aveva appena 14 anni, fu purtroppo interrotta quattro anni dopo da un tragico incidente in motocicletta.

In modo analogo è possibile definire i numeri tetranacci, pentanacci e così via; il lettore interessato può trovare maggiori informazioni in [3].

Riferimenti.
[2] M. Feinberg: Fibonacci-Tribonacci, Fibonacci Quarterly 1, 71–74 (1963). 

21 dicembre 2020

Domino e scacchiere

Consideriamo una scacchiera quadrata $8 \times 8$. Se eliminiamo due caselle dello stesso colore, allora un semplice argomento di parità mostra che non è possibile coprire la parte rimasta con pedine del domino: basta infatti osservare che ogni pedina copre una casella bianca e una nera, mentre la scacchiera mutilata ha $30$ caselle di un colore e $32$ dell'altro.

Cosa accade se eliminiamo due caselle di colore diverso? La risposta è che possiamo sempre coprire la parte rimanente con pedine del domino, qualunque siano le caselle rimosse.

Una splendida "dimostrazione senza parole" è quella illustrata in figura e tratta da [1, p. 67]: si supponga che A, B siano le caselle rimosse e si dispongano le pedine lungo la serpentina delimitata dalle linee nere. 

Domanda: esiste una dimostrazione di questo fatto che non utilizzi la figura?

Riferimenti.
[1] R. Honsberger: Mathematical Gems 1, Dolciani Mathematical Expositions 1, 1974. 



09 dicembre 2020

Il survival bias

Il survival bias è un errore logico che si commette nel momento in cui, esaminando i dati riguardanti un determinato processo di selezione (in senso ampio) ci si concentra su quelli riguardanti persone o cose che hanno superato il processo, trascurando l'analisi dei casi di insuccesso.

Tale errore può essere notato di frequente nelle discussioni sui social network riguardo la pericolosità di una certa malattia (come il morbillo o l'influenza), ritenuta dalla maggior parte dei commentatori innocua in quanto da loro superata senza danni rilevanti. Il problema sta, evidentemente, nel fatto che coloro che sono purtroppo deceduti a causa di essa non hanno la possibilità di contribuire con la loro voce al dibattito. 

Il survival bias, a parte il suo intrinseco interesse in quanto fallacia logica, ha conseguenze potenzialmente molto dannose in ambito scolastico o accademico, sia per quanto riguarda il processo di formazione che quello di reclutamento. Esempi tipici sono i seguenti.
  • Una certa scuola/università X annovera, fra i suoi diplomati/laureati, un alto numero di individui che raggiungono posizioni di prestigio in ambito lavorativo. Pertanto, si sarebbe tentati di dedurre che X è un'istituzione di eccellenza. Tuttavia, questa deduzione si basa esclusivamente sull'analisi delle carriere di coloro che hanno avuto successo, ignorando quelle di coloro che hanno fallito. Altre spiegazioni sono in realtà possibili: magari X è una istituzione molto numerosa, e quindi statisticamente ci saranno parecchi studenti brillanti; oppure è una istituzione molto costosa, alla quale riescono ad accedere solo studenti socialmente privilegiati, e quindi aventi già in partenza migliori possibilità di successo. Nulla si può concludere senza analizzare le carriere di tutti gli studenti, compresi coloro che non sono riusciti a diplomarsi/laurearsi.
  • Una certa branca Y della disciplina X ha molto più successo delle altre, e coloro che la studiano ricoprono posizioni di prestigio in ambito accademico, e hanno a disposizione fondi di ricerca e posti da bandire. Si sarebbe tentati di concludere che Y è, fra tutte, la branca di X scientificamente più rilevante e meritevole di essere finanziata e studiata ma, di nuovo, questa deduzione non tiene conto di coloro che studiano una branca differente Z, magari ugualmente valida ma che non riesce ad emergere in quanto marginalizzata dallo strapotere di Y. Di fatto, giudicare Y migliore di Z solo perché è mainstream e ha più visibilità, senza entrare nel merito dei risultati raggiunti, può alla lunga appiattire pericolosamente il dibattito scientifico nell'ambito della disciplina X.
Un aneddoto, molto citato in Ricerca Operativa, che mostra come il survivor bias possa portare a deduzioni apparentemente ineccepibili, ma in realtà totalmente errate, è quello legato alla figura. Si tratta di un aereo statunitense della Seconda Guerra Mondiale, dove i segni in rosso indicano in quali punti la fusoliera e le ali risultavano danneggiate dall'artiglieria nemica quando l'aereo rientrava alla base per riparazioni. 

Come proteggere maggiormente gli aerei? Ingenuamente, si sarebbe tentati di rafforzare le zone dove c'è maggiore concentrazione di punti rossi; tuttavia, come fece notare il gruppo di ricerca guidato dal matematico Abraham Wald, la strategia ottimale è fare esattamente l'opposto. 

Infatti, gli aerei colpiti nelle zone senza punti rossi, al contrario degli altri, non erano riusciti a rientrare, in quanto un danno in quelle zone era troppo grave e causava l'abbattimento del velivolo. Paradossalmente, le aree rosse erano addirittura quelle meno problematiche, dato che un areo colpito solo lì aveva buone possibilità di riportare il pilota alla base.




05 dicembre 2020

La dimostrazione di Apostol dell'irrazionalità di $\sqrt{2}$

Tutti conoscono la classica dimostrazione dell'irrazionalità di $\sqrt{2}$ basata sul principio della fattorizzazione unica degli interi. 

Meno nota è invece la seguente dimostrazione geometrica, che procede per assurdo tramite un argomento di discesa infinita. In [1], tale dimostrazione è attribuita a Tom M. Apostol.

Si consideri un triangolo rettangolo isoscele come in figura, e si tracci la circonferenza di centro il vertice in alto e raggio il cateto verticale. Allora i tre segmenti marcati con doppio trattino hanno eguale lunghezza (si noti che due di essi sono segmenti di tangente condotti dallo stesso punto alla circonferenza), in particolare il triangolo piccolo è anche esso rettangolo isoscele.

Se il triangolo di partenza avesse tutti e tre i lati di misura intera, lo stesso sarebbe vero per il triangolo piccolo, in quanto sia il suo cateto che la sua ipotenusa sarebbero differenza di due segmenti avente misura intera.

Possiamo ora ripetere il procedimento per il triangolo piccolo e così via. Considerando le ipotenuse (o i cateti) dei triangoli così costruiti, otteniamo una successione strettamente decrescente e infinita di interi positivi, contraddizione.



Riferimenti


[1] 
Answer by Hans-Peter Stricker to MO8846, see 
https://mathoverflow.net/questions/8846/proofs-without-words

04 dicembre 2020

A vintage Möbius strip

Q: Why did the chicken cross the Möbius strip?
A: To get to the same side!
(old math joke)

In 1865, August Ferdinand Möbius published his paper "Über die Bestimmung des Inhaltes eines Polyëders" ("On the determination of the interior of some Polyhedra"), in which he introduced the one-sided surface that nowadays is called, after him, "Möbius strip".

In the picture, we can see the description of the surface originally given by Möbius: it is the usual identification space of the rectangle that one studies in the first Topology course.




References

A. F. Möbius: Über die Bestimmung des Inhaltes eines Polyëders, Berichte über die Verhandlungen der Königlich Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften, Mathematisch-physikalische Klasse, Bd. 17, p. 31-68, 1865.

25 novembre 2020

Proofs without words 2

A visual proof that $$\sin 2x = 2\sin x \cos x, \quad  \cos 2x = \cos^2 x−\sin^2x$$  The argument only requires similarity of triangles.

Credits: Fermat's Library on Twitter (@fermatslibrary)

21 novembre 2020

Wedderburn's little theorem

Theorem. Every finite division ring $K$ is a field.
This classical result was first proven by Joseph Wedderburn in 1905. It is actually a rather unexpected fact that the finiteness of elements in $K$ imposes such a strong condition as the commutativity of multiplication. The finiteness assumption is clearly an essential one, because there exist infinite, non commutative division rings, such as the ring $\mathbb{H} $ of real quaternions.

The proof of Wedderburn's theorem usually given in modern textbooks (as the ones cited in the references below) is due to Ernst Witt (1931) and goes as follows.

Proof. Let $Z:=Z(K)$ be the center of $K$.  By assumption, $Z$ is a finite field and then it has $q=p^s$ elements, where $p$ is the characteristic and $s= [Z : \mathbb{F}_p]$ is the dimension of $Z$ as a $\mathbb{F}_p$-vector space.  We want to show that $Z=K$.

Since $K$ is a finite-dimensional vector space over $Z = \mathbb{F}_q$, it has $q^t$ elements for some $t \geq 1$. For all $x \in K$, let us denote by $C_x$ the centralizer of $x$ in $K$, namely $$C_x :=\{y \in K \, | \, xy=yx \}.$$ Then $C_x$ is a $Z$-vector space, and we call $q^{d(x)}$  its dimension.  Then $d(x)$ divides $t$ and $d(x)=t$ if and only if $x \in Z$.

Setting $G:=K^*$ for the multiplicative group of $K$, we see that $G$ is a finite group whose center is $Z^*$; moreover the centralizer in $G$ of an element $x$ is $C_x^*$. Then the equation of conjugate classes for $G$ yields
\begin{equation} \label{eq:classes}
q^t-1 = |G| = |Z^*| + \sum \frac{|G|}{|{C_x}^*|} = q-1 + \sum \frac{q^t-1}{q^{d(x)}-1},
\end{equation} where the sum is extended to a complete system of representatives for the conjugacy classes of $G \setminus Z^*= K \setminus Z$.

We want now to show that the only possibility is $d(x)=t=1$, namely $K=Z$. In order to do this, we exploit the theory of cyclotomic polynomials. In fact, for any positive divisor $d$ of $t$ such that $1 < d < t$, we have $$X^t -1 = \prod_{k | t} \Phi_k(X) =\Phi_t(X)(X^d-1) \left(\prod_{k<t, \, k |t, \, k \nmid d } \Phi_k(X) \right).$$ This implies that $$\frac{X^t-1}{X^d-1}$$ is a polynomial with integer coefficients, which is divided by $\Phi_t(X)$. In particular, setting $X=q$ and $d=d(x)$, we deduce that $\Phi_t(q)$ divides $(q^t-1)/(q^{d(x)}-1)$, hence by  using \eqref{eq:classes} we infer that $\Phi_t(q)$ divides $q-1$.

We now obtain the desired contradiction: indeed, if $\zeta$ is a primitive $t^{\mathrm{th}}$ root of unity, since $t >1$ and $q \in \mathbb{N}$  we have  $|q - \zeta| > q-1,$ so  $$\Phi_t(q) = \prod_{(k, \, t)=1} |q - \zeta^k| > q-1, $$ which is absurd.   $\; \Box$

Wedderburn's theorem is a purely algebraic result; however, it has unexpected consequences in projective geometry. In fact, it is known that a projective plane $\mathbb{P}$ is Desarguesian if and only if it is of the form $\mathbb{P}^2(K)$ for some division ring  $K$, and that in that case it is Pappian if and only if $K$ is a field. So we obtain the following 
Corollary. A finite projective plane $\mathbb{P}^2(K)$ is Desarguesian if and only if it is Pappian.
It is remarkable that this is the only known proof of the implication $$\textrm{Desarguesian} \Longrightarrow \textrm{Pappian}$$ for a finite projective plane $\mathbb{P}^2(K).$


References

20 novembre 2020

Blindness

"Should you just be an algebraist or a geometer?" is like saying "Would you rather be deaf or blind?"
Sir Micheal Atiyah 

Source
M. Atiyah: Mathematics in the 20th century, Bull. London Math. Soc. 34 (2002) 1–15.
https://doi.org/10.1112/S0024609301008566

18 novembre 2020

Proofs without words 1

Every odd number is the difference of two consecutive squares.
Pick an odd number $n$ (in red), "bend it" in the middle and fill the square (with the blue part). In the picture, we see that for $n=13$ we obtain $13=7^2-6^2$.

Credits: MSE question 263101

09 novembre 2020

When length does not matter

L'articolo di 5 righe con il quale, nel 1966, Lander e Parkin smentirono la congettura di Eulero nel caso $n=5$. 

La congettura è ancora aperta per $n  \geq  6$.

 

07 novembre 2020

L'irrazionalità di $e$

Esponiamo la celebre dimostrazione in poche righe dell'irrazionalità di $e$, dovuta a Joseph Fourier. L'idea è quella di ragionare per assurdo, spezzando in modo opportuno il noto sviluppo in serie e maggiorando una delle quantità risultanti per mezzo di una serie geometrica. 

Teorema. Il numero di Nepero $e$ è irrazionale. 

Dimostrazione.  Supponiamo per assurdo che $e$ sia razionale, cioè che si possa scrivere $e=m/n$ con $m, \, n \in \mathbb{N}$. Allora si ha 
\begin{equation*}
\frac{m}{n}=\sum_{k=0}^{+ \infty} \frac{1}{k!} \end{equation*} da cui, dopo avere moltiplicato entrambi i termini per $n!$, si ottiene \begin{equation*}\begin{split} & m(n-1)! -  \sum_{k=0}^n \frac{n!}{k!} = \sum_{k=n+1}^{+ \infty} \frac{n!}{k!} \\ = &  \frac{1}{n+1} + \frac{1}{(n+1)(n+2)}+ \frac{1}{(n+1)(n+2)(n+3)}+ \ldots \\ <  &  \frac{1}{n+1} + \frac{1}{(n+1)^2}+ \frac{1}{(n+1)^3}+ \ldots \\ = & \frac{1}{n} \end{split}\end{equation*} Il primo termine a sinistra è un intero positivo, mentre l'ultimo a destra è compreso strettamente fra $0$ e $1$, contraddizione. $\square$

05 novembre 2020

31 ottobre 2020

Halloween

Un numero vampiro è un numero di $2n$ cifre che può essere fattorizzato in due numeri di $n$ cifre (detti "zanne"), non entrambi terminanti per zero, che contengono tutte le cifre del numero originale, in qualsiasi ordine e con la stessa molteplicità.

Il primo numero vampiro è $1260=21 \times 60$. Il successivo è $1395 = 15 \times 93$. I numeri vampiro sono infiniti, e alcuni di essi sono tabulati nella successione OEIS A014575.

24 ottobre 2020

$f(x)=1/x$ ha una discontinuità in $x=0$?

What is important is to spread confusion, not eliminate it.
Attributed to Salvador Dalì

Se si vuole innescare un flame in una pagina sui social dedicata alla Matematica, un metodo infallibile è porre la domanda nel titolo del post. Sicuro come le tasse, i commentatori si divideranno, automaticamente e all'istante, in due fazioni agguerritissime e fra loro inconciliabili:

  1. Per alcuni, $f(x)=1/x$ non ha discontinuità in nessun punto, dato che $x=0$ non fa parte del "dominio naturale" di $f$ e quindi non ha senso parlare di continuità di $f(x)$ in $x=0$ fin quando non si assegni un valore preciso a $f(0)$.
  2. Altri fanno invece notare che, in ogni caso, qualsiasi valore si assegni a $f(0)$ la funzione sarà non-continua, dato che i limiti per $x$ che tende a $0$ non sono finiti. Quindi, ha senso dire che $f(x)=1/x$ ha una "discontinuità di seconda specie" in $x=0$. Il fatto che il punto $x=0$ non sia nel dominio naturale di $f$ non è un problema, dato che basta che esso sia di accumulazione per lo stesso. 
Chiedersi chi ha ragione è un po' come chiedere se $0$ è un numero naturale, se le permutazioni si compongono da sinistra a destra o da destra a sinistra, se sulla pizza marinara va l'aglio o se sono meglio i Beatles o i Rolling Stones: in altre parole, è una questione di convenzione (e di gusti).

Sicuramente, la definizione di "continuità di una funzione in un punto $x$" richiede che la funzione sia definita in tale punto. Tuttavia, e qui sta il nocciolo della questione (che viene messo in evidenza, ad esempio, da Sandra Lucente su MaddMaths [MaddMaths17] o da "egreg" nella sua risposta a [MSE421951]), il termine "discontinuità" in Matematica non ha sempre significato (solo) "punto di non continuità" nel senso moderno.

Infatti, tale termine deriva dal concetto intuitivo (ed errato) che il grafico di una funzione continua sia composto "di un solo pezzo", per cui "avere una discontinuità"  diventava sinonimo di "il grafico in quel punto si spezza". Questa terminologia infelice è la fonte di una serie interminabile di malintesi, dato che  "discontinuità" in tal senso è più simile al concetto di "singolarità" per funzioni di variabile complessa che a quello di "punto di non continuità" per funzioni di variabile reale.

Una delle conseguenze di tale confusione è che alcuni Autori usano il termine "discontinuità" nell'accezione dei commentatori in 1., mentre altri Autori la usano nell'accezione dei commentatori in 2.

Ciò risulta in modo evidente da una rapida, e sicuramente non esaustiva, analisi delle letteratura, che  mostra come la definizione di "discontinuità" data nei manuali universitari di Analisi 1 sia ben lungi dall'essere univocamente stabilita; il lettore potrà, se lo ritiene opportuno, effettuare un'analisi simile per i manuali adottati nei Licei.
  • In Amerio il termine "discontinuità in $x_0$" è usato precisamente nell'accezione 2. L'autore specifica che il punto $x_0$ deve appartenere all'insieme $DT$ dei punti di accumulazione del dominio $T$ della funzione. Citando testualmente [A90, p131]:
    Se $T$ è l'insieme di definizione di una funzione, si dice punto di discontinuità di f(x) ogni punto $x_0 \in DT$ in cui la funzione stessa non è continua o non è definita.
  • In Cecconi-Stampacchia  il termine "discontinuità" è usato esclusivamente nell'accezione 1., quindi come "punto di non continuità" [CS74, p. 162].
  • In Pagani-Salsa il termine è usato nell'accezione 1.; tuttavia, viene osservato che l'accezione 2. è anche comune, ma secondo gli Autori [PS95, Osservazione 1.1 p. 228] essa è ammissibile
    solo se si sottintende che le funzioni in questione siano state tacitamente definite in $x_0$ in modo opportuno.
  • In Bramanti-Pagani-Salsa la trattazione è piuttosto curiosa, almeno a mio parere. A p. 117 viene detto esplicitamente che
    una funzione non continua in $c$ è detta discontinua in $c$,
    il che porta a pensare che gli Autori utilizzino l'accezione 1. Subito dopo, però, viene data la definizione di "discontinuità a salto" (quella che altri Autori chiamano "di prima specie") ma, stranamente, senza richiedere che la funzione sia definita nel punto [BPS08, Definizione 3.12 p. 117]. Ciò è reso ancora più esplicito all'inizio di p. 118, dove si dice  che
    la funzione $x/|x|$ ha un punto di discontinuità a salto in $0$, con salto $2$.
  • Giusti, nel suo bel libro [G88], è vittima nella stessa ambiguità terminologica che abbiamo analizzato sopra. A p. 150 scrive testualmente
    Si capisce meglio il concetto di continuità se si studiano brevemente i punti di discontinuità di una funzione, ossia i punti in cui una funzione non è continua.

    Sembra quindi che l'Autore voglia utilizzare il termine "discontinuità" nell'accezione 1. Tuttavia,  poco dopo (a p. 151) scrive esplicitamente che $1/x$ e $1/x^2$ hanno una discontinuità "di secondo tipo" in $0$, il che ha senso solo se si utilizza il termine "discontinuità" nell'accezione 2.

  • Leggendo Marcellini-Sbordone [MS88] sembra che gli Autori propendano per l'accezione 2. Per loro, infatti, una funzione non definita in un punto è per definizione non continua in tale punto; a p. 104 si fornisce come esempio esplicito $f(x)=\sin x/x$ in $x=0$, anche se viene immediatamente osservato che è possibile prolungare tale funzione con continuità ponendo $f(0)=1$. L'analisi delle "discontinuità" che segue  è sulla stessa linea: ad esempio, viene definita "discontinuità di seconda specie" un punto $x_0$ tale che uno dei due limiti non esista o non sia finito, senza nulla richiedere sull'esistenza di $f(x_0)$, supponendo quindi implicitamente che $x_0$ sia punto d'accumulazione per il dominio della funzione.

  • Soardi propende decisamente per l'accezione 2. Nella sezione dedicata ai punti di discontinuità [So10, p. 188] l'Autore scrive infatti testualmente
    Se $f(x)$ non è continua in $x_0$ si dice che $x_0$ è punto di discontinuità. È opportuno tuttavia ampliare la nozione di punto di discontinuità al caso in cui $f$ non sia necessariamente definita in $x_0$.
    A scanso di equivoci, alla fine della trattazione di ciascuno dei tre tipi di discontinuità, specifica 
non è richiesto che la funzione sia definita in $x_0$. 

  • De Marco utilizza il termine "discontinuità" con l'accezione 1, ma la sua classificazione è un po' diversa da quella usuale. In [DeM96, p. 301] l'Autore chiama "punto di discontinuità di prima specie" per una funzione $f \colon D \to \mathbb{R}$ un punto $c \in D$ di accumulazione per $D$ tale che i limiti per $x \to c$ di $f(x)$ esistono ma differiscono fra loro o dal valore $f(c)$. Questa definizione ingloba sia le discontinuità eliminabili che quelle di salto. Ogni altra discontinuità viene chiamata "di seconda specie".

Questi pochi esempi mostrano come ogni tentativo di dare una risposta alla domanda nel titolo del post finisce per farti addentrare in un ginepraio inestricabile di definizioni spesso fra loro contrastanti. Se devi insegnare la materia, ti chiedi giustamente: Che fare? [L70]. Anche qui, la risposta non è semplice, e probabilmente non esiste neanche una risposta "giusta". 

Personalmente, quando mi trovo a parlare dell'argomento, preferisco evitare il termine "discontinuità", fonte di confusione, e ad usare al suo posto il termine "singolarità". Prima, però, illustro le due accezioni del termine "discontinuità" che si trovano in letteratura, e quali siano a mio avviso i pro e i contro di entrambe. Al di là di ogni polemica, il modo migliore per rapportarsi ad una terminologia diffusa ma ambigua è quello di spiegare chiaramente il motivo e i rischi di tale ambiguità.

Riferimenti.

[A90] L. Amerio: Analisi Matematica con elementi di Analisi Funzionale, Volume Primo, edizione ampliata, UTET 1990

[BPS08] M. Bramanti, C. D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 1, Zanichelli 2008

[CS74] J. Cecconi, G. Stampacchia: Analisi Matematica 1, Liguori 1974

[DeM96] G. De Marco: Analisi 1, Seconda Edizione, Decibel-Zanichelli 1996 

[G88] E. Giusti: Analisi Matematica 1, Bollati Boringhieri 1988

[L70] Lenin: Che fare? Editori Riuniti, 1970.

[MaddMaths17] http://maddmaths.simai.eu/divulgazione/langolo-arguto/possibile-che-funzioni-continue-siano-discontinue-e-viceversa/

[MS88] P. Marcellini, C. Sbordone: Analisi Matematica 1, Liguori 1998

[MSE421951] https://math.stackexchange.com/questions/421951/does-a-function-have-to-be-continuous-at-a-point-to-be-defined-at-the-point

[PS95] C. D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 1, Masson 1995

[S10] P. M. Soardi: Analisi Matematica, Città Studi 2010.

18 ottobre 2020

A. I.

Computers are useless. They can only give you answers.
Attributed to Pablo Picasso (1964).

Source.
E. K. Adkins: Man And Technology - The Social And Cultural Challenges Of Modern Technology, Avalon Publishing (1983), pp. 78, 100.

14 ottobre 2020

Make the impossible possible

Una scultura realizzata a Perth, in Australia, che rappresenta il celebre Triangolo di Penrose.

Ovviamente, non è come sembra.



11 ottobre 2020

Il lamplighter group

È noto dai corsi elementari di Algebra Lineare che un sottospazio di uno spazio vettoriale di dimensione finita è a sua volta di dimensione finita. 

Un risultato analogo non vale invece per i gruppi: un sottogruppo di un gruppo finitamente generato non è necessariamente finitamente generato. Un classico controesempio è il cosiddetto lamplighter group $L$, la cui costruzione andiamo ora a descrivere.

Consideriamo innanzitutto la somma diretta infinita $$B:=\bigoplus_{\mathbb{Z}}\mathbb{Z}_2$$ i cui elementi sono successioni doppiamente infinite $$(a_i)_{i \in \mathbb{Z}}=(\ldots, a_{-1}, \, a_0, \, a_1, \ldots)$$ di elementi di $\mathbb{Z}_2=\{\bar{0}, \, \bar{1} \}$, tali che al più un numero finito di essi sia diverso da $\bar{0}$.
Lemma 1. Il gruppo $B$ non è finitamente generato. 

Dimostrazione. $B$ è abeliano e ogni suo elemento ha ordine $2$. Ma un gruppo abeliano finitamente generato e tale che ogni elemento abbia ordine finito è necessariamente finito.  $\square$

Consideriamo ora l'omomorfismo di gruppi $$\varphi \colon \mathbb{Z} \to B$$ dato dallo shift $\varphi(n)(a_i)=a_{n+i}$ per ogni $n, \, i \in \mathbb{Z}$.  Esso permette di costruire il prodotto semidiretto $$L:=B \rtimes \mathbb{Z}$$ che è un caso particolare di prodotto wreath ristretto (infatti, si ha $L= \mathbb{Z}_2 \mathrm{wr}_{\mathbb{Z}} \mathbb{Z})$ e una cui presentazione è data da $$L= \langle x_i, \, t \; | \; x_i^2=1, \; \;  [x_i, \, x_j]=1, \; \; tx_it^{-1} =x_{i+1}, \; \; i, \, j \in \mathbb{Z} \rangle $$ Qui gli $x_i$ sono i generatori di $B$ e $t$ è un generatore di $\mathbb{Z}$ in notazione moltiplicativa, mentre le relazioni di coniugio esprimono il fatto che $\varphi(1) \colon B \to B$ è l'automorfismo dato dallo shift di $1$.

La presentazione di $L$ descritta sopra ha infiniti generatori; tuttavia (e qui sta il punto cruciale)  i generatori di $B$, a parte uno di essi (diciamo $x_0$), sono superflui in quanto si ha $$t^i x_0 t^{-i}=x_i$$ Pertanto, ponendo $x:=x_0$, possiamo riscrivere la presentazione di $L$ come $$L=\langle x, \, t \; | \; x^2=1, \; \; [t^ixt^{-i}, \, t^j x t^{-j}]=1, \; \;  i, \, j \in \mathbb{Z}\rangle$$ che può essere ulteriormente semplificata nel modo seguente $$L=\langle x, \, t \; | \; x^2=1, \; \; (t^kxt^{-k}x)^2=1, \; \;  k \in \mathbb{Z}\rangle$$ Ciò mostra che $L$ è finitamente generato. Tuttavia, esso contiene come sottogruppo il gruppo $B$, che non è finitamente generato per il Lemma 1. 

Osservazione1. $L$ è finitamente generato ma non finitamente presentato. Infatti, la presentazione data ha due generatori e infinite relazioni, e si può mostrare che $L$ non ammette nessuna presentazione finita.

Osservazione 2. $B$ è normale in $L$, e ha indice infinito in esso. Infatti, è noto che un sottogruppo di indice finito di un gruppo finitamente generato è a sua volta finitamente generato.

Osservazione 3. Il nome "lamplighter group" ("gruppo del lampionaio") viene dal fatto che si può pensare agli elementi del  gruppo $B=\bigoplus \mathbb{Z}_2$ come ad successioni doppiamente infinite di lampioni, ciascuno dei quali può essere acceso ($\bar{1}$) o spento ($\bar{0}$) e tali che al più un numero finito di lampioni siano accesi insieme. Il generatore $t$ del fattore $\mathbb{Z}$ di $L=B \rtimes \mathbb{Z}$ può essere identificato col lampionaio, la cui azione fa passare da ogni lampione al successivo.


Riferimenti.
[M2012] A. Machì, Groups (Springer 2012), Chapter 4.

03 ottobre 2020

A. Square

La copertina della prima edizione di Flatland (Londra, 1884). Si può leggere il celebre sottotitolo "A romance of many dimensions, by A. Square."

Fin da subito, l'opera di Edwin Abbott suscitò reazioni contrastanti. Alcuni la lodarono come metafora del libero pensiero, che sfida i precetti della religione organizzata e della morale costituita per raggiungere nuove e più elevate forme di consapevolezza. Altri la criticarono aspramente, in quanto descriveva una società rigidamente divisa in caste, con le donne poste in fondo alla scala gerarchica.

Abbott si difese da queste accuse (in particolare, da quella di misoginia) nella prefazione alla seconda edizione, affermando che la sua voleva essere una rappresentazione satirica delle rigide convenzioni sociali e familiari insite nella società vittoriana.




Fonte: Wikipedia

26 settembre 2020

Less is more

Una "letter of reference" per l'ammissione a Princeton, scritta da Richard Duffin e indirizzata a Solomon Lefschetz (11 febbraio 1948).

Lo studente diciannovenne in questione si chiamava John F. Nash Jr., e la sua presentazione consiste di una singola frase: "He is a mathematical genius".




Fonte: The De Morgan Forum (London Mathematical Society)

22 settembre 2020

La dimostrazione originale di Cantor della non-numerabilità dell'insieme dei numeri reali

 La dimostrazione della non-numerabilità di $\mathbb{R}$ che viene insegnata di solito al primo anno di università è quella basata sul ben noto procedimento diagonale [W], introdotto da Georg Cantor nel 1891 [C1891].

Meno nota è invece la dimostrazione originale di questo profondo risultato, che Cantor pubblicò nel 1874 [C1874] e che vogliamo qui proporre usando la terminologia moderna. Il punto di partenza è il seguente risultato generale di carattere topologico [M2014, Proposizione 4.46], oggi noto come 

Lemma di Cantor. Sia $$K_1 \supset K_2 \supset K_3 \supset \ldots$$ una catena numerabile di chiusi non vuoti e compatti di uno spazio topologico $X$. Allora $$\bigcap_{n \geq 1} K_n \neq \emptyset$$

Dimostrazione. Se il risultato fosse falso, la famiglia $\{K_1-K_n\}_{n \geq 1}$ sarebbe un ricoprimento aperto di $K_1$. Siccome $K_1$ è compatto, si potrebbe estrarre da tale ricoprimento un sottoricoprimento finito, ottenendo $$K_1=\bigcup_{j = 1}^t (K_1-K_{n_j})$$ Ciò implicherebbe $\bigcap_{j = 1}^t K_{n_j}=\emptyset$, una contraddizione dato che tale intersezione è uguale a $K_{n_t}$. $\square$

Osservazione: È importante notare che l'ipotesi di compattezza dei $K_n$ è essenziale, altrimenti si costruiscono facilmente controesempi del tipo $X=\mathbb{R}-\{0\}$ e $K_n=[-1/n, \, 1/n] \cap X$.

Siamo ora pronti ad illustrare l'idea della dimostrazione originale di Cantor.

Teorema (Cantor, 1874). La retta reale è non numerabile.

Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che $\{x_n\}$ sia una successione che enumera i reali;  dimostreremo che, dato un qualsiasi intervallo $(a, \, b)$, esiste sempre un numero reale $y \in (a, \, b)$ che non appartiene ad essa. 

Si costruiscano in modo ricorsivo due successioni $\{a_n\}$, $\{b_n\}$ nel modo seguente: siano $a_1$, $b_1$ (con $a_1 <b_1$) i primi due elementi della successione $\{x_n\}$ che sono contenuti in $(a, \, b)$, siano $a_2$, $b_2$ (con $a_2 < b_2$) i primi due elementi della successione che sono contenuti in $(a_1, \, b_1)$,  siano $a_3$, $b_3$ (con $a_3 < b_3$) i primi due elementi della successione che sono contenuti in $(a_2, \, b_2)$ e così via. 

Osserviamo che, dato un qualsiasi elemento $x_n$ della successione originaria, esiste $t \in \mathbb{N}$ tale che  $x_n \notin [a_t, \, b_t]$. Infatti, si scelga $t \in \mathbb{N}$ tale che $a_t=x_k$ e $b_t=x_r$, con $k, \, r >n$; allora, per come sono state costruite le successioni $\{a_n\}$ e $\{b_n\}$, deduciamo $x_n \notin(a_{t-1}, \, b_{t-1})$ e quindi $x_n \notin [a_t, \, b_t]$, come affermato.

Ora, per il Lemma di Cantor sappiamo che  la catena decrescente di compatti $$[a_1, \, b_1] \supset [a_2, \, b_2] \supset [a_3, \, b_3] \supset \ldots$$ ha intersezione non vuota. Se $y$ è un elemento in tale intersezione, per quanto appena detto si ha necessariamente $y \notin \{x_n\}$, contraddizione.   $\square$

Questa elegante dimostrazione usa in modo essenziale il fatto che gli intervalli chiusi di $\mathbb{R}$ sono compatti (il che è equivalente all'Assioma di Completezza), vedi l'Osservazione sopra.  Per tale motivo, Cantor non ne fu pienamente soddisfatto e continuò a cercare una dimostrazione della non-numerabilità di $\mathbb{R}$ che non fosse basata sulla completezza. Ciò lo portò, quasi 20 anni dopo, a scoprire l'argomento diagonale.

Riferimenti.

[C1874]  G. Cantor: Über eine Eigenschaft des Inbegriffes aller reellen algebraischen Zahlen, Crelles Journal 77,  258 - 262 (1874)
[C1891] G. Cantor: Ueber eine elementare Frage der Mannigfaltigkeitslehre, Jahresbericht der Deutschen Mathematiker-Vereinigung. 1: 75–78 (1891)
[M2014] M. Manetti, Topologia (Seconda edizione), Springer Unitext 2014.
[W]  https://en.wikipedia.org/wiki/Cantor's_diagonal_argument

06 settembre 2020

Patterns that eventually fail

Come dimostrato in un recente post sul numero di regioni in cui un cerchio viene diviso unendo a due a due $n$ punti sulla circonferenza, è sempre rischioso estrapolare una formula sulla base dei primi dati conosciuti.

Un esempio ancora più sorprendente (tratto dalla pagina Twitter di John Carlos Baez, @johncarlosbaez) riguarda la successione di integrali rappresentata in figura. 

Calcolandone i valori per i primi milioni di $n$, si ottiene sempre $\pi/2$. Si sarebbe incautamente tentati di pensare che si ottenga $\pi2$ per ogni valore di $n$, ma di fatto ciò è falso se $$n> e^{101} \cong 7.4  \times 10^{43}.$$ Una spiegazione, basata sull'estrema lentezza della divergenza della serie armonica, è fornita nel blog di Baez [1].

Infatti, questi integrali sono ottenuti modificando i cosiddetti Integrali di Borwein [2], che presentano un pattern concettualmente simile (con la deviazione dal valore $\pi/2$ a partire da $n=15$).

 


Riferimenti.


01 settembre 2020

Two is better than one

Le statue che rappresentano un matematico sono piuttosto rare, ma ancora di più lo sono quelle che rappresentano due matematici.

A Ulica Podzamcze, nella città vecchia di Cracovia, esiste un monumento dedicato a Stefan Banach e Otto Nikodym, progettato nel 2016 da Stefan Dousa.  I due sembrano intenti a discutere in modo animato, probabilmente di Analisi Funzionale.



26 agosto 2020

Matematici in pillole: Heinz Hopf

Nel 1927 André Weil, allora studente di dottorato a Parigi, era in visita a Berlino, dove gli capitava di compiere lunghi viaggi in tram per recarsi dal suo appartamento all’Università. Nel corso di uno di questi si trovò in compagnia di Heinz Hopf, che stava allora studiando le nuove tecniche di grado topologico introdotte recentemente da Brouwer. 

Ad un certo punto della conversazione, Weil gli chiese: “Di cosa intende occuparsi, quando si stancherà della topologia?”. Al che Hopf, tutto serio, rispose: “Ma io non mi stancherò mai della topologia”.

Fonte.
A. Weil: Souvenirs d’apprendissage, Ch. II.

23 agosto 2020

Suddivisione di un cerchio

Si considerino $n$ punti sul bordo di un cerchio $C$. Qual è il numero massimo di regioni in cui si può suddividere $C$ se si uniscono i punti a due a due con linee rette? 
Per $1, \,2, \,3, \,4, \, 5$ punti si trova facilmente, lavorando un po' con carta e penna, che tale numero è rispettivamente pari a $$1, \, 2, \, 4, \, 8, \,16.$$ Si sarebbe tentati di credere che questa semplice serie di raddoppi continui, e che il numero massimo di regioni sia in ogni caso $2^{n-1}$. Sorprendentemente, questa intuizione si rivela fallace: per $n=6$ si ottiene un numero massimo di regioni pari a $31$ invece che a $32$, come mostra la figura seguente (tratta da [G81]).




Infatti, la formula corretta per il massimo numero di suddivisioni è $$n + \binom{n}{4} + \binom{n-1} {2},$$ i cui valori sono tabulati nella successione OEIS A000127. Tale numero coincide con il numero massimo di regioni in cui lo spazio 4-dimensionale $\mathbb{R}^4$ può essere suddiviso da $n-1$ iperpiani.

Riferimenti
[G81] M. Gardner: Circo Matematico (Sansoni 1981), pp. 203-204.

10 agosto 2020

Matematici in pillole: Laurent Schwartz

Nel 1948, Laurent Schwartz (1915-2002) si recò in Svezia per un ciclo di conferenze sulla Teoria delle Distribuzioni, che aveva creato poco tempo prima. In uno di questi colloqui, ebbe la possibilità di discutere con Marcel Riesz.

Dopo aver scritto alla lavagna la formula di integrazione per parti, allo scopo di illustrare il concetto di derivata debole, venne interrotto da Riesz, che gli disse "I hope you have found something else in your life.”

Fonte.
M. Barany, A.S. Paumier, and J. Lützen: From Nancy to Copenhagen to the World: The internationalization of Laurent Schwartz and his theory of distributionsHistoria Mathematica 44, November 2017, Pages 367-394.


Laurent Schwartz (fonte: Wikipedia)

06 agosto 2020

Life isn't supposed to be easy

You have to ignore low-hanging fruits, which is a little tricky. I’m not sure if it’s the best way of doing things, actually you’re torturing yourself along the way. Life isn’t supposed to be easy.
Maryam Mirzakhani 

Source.
E. Klarreich: A Tenacious Explorer of Abstract Surfaces, Quanta Magazine, August 12, 2014.
 

01 agosto 2020

Three years of Sundays

Il 31 ottobre 1903, il matematico americano Frank Nelson Cole si alzò durante una riunione dell'American Mathematical Society per una comunicazione. 

Andò alla lavagna e scrisse da una parte $$2^{67} − 1$$ e, in completo silenzio, svolse il calcolo ottenendo $147573952589676412927$.

Dall'altra parte scrisse $$193707721 × 761838257287$$ e, sempre nel più completo silenzio, svolse il calcolo, ottenendo il medesimo risultato.

Fatto ciò, Cole ritornò al suo posto, senza avere pronunciato una singola parola nel corso di tutta la "dimostrazione", e venne accolto da un applauso scrosciante: aveva appena fatto vedere che il numero di Mersenne $M_{67}$ è composto.

In che modo Cole aveva compiuto la sua impresa, visto che all'epoca i calcolatore elettronici non esistevano? La questione è oggetto di un interessante thread su MathOverflow. Come è facile immaginare, il punto di partenza sta nel Piccolo Teorema di Fermat.

Se $p$ è un primo che divide $2^{67}-1$ e $d$ è l'ordine di $2$ in $\mathbb{F}_p$ allora, dal fatto che
$$2^{67} \equiv 1 \;\; (\textrm{mod } p) \quad  e \quad 2^{p-1} \equiv 1 (\textrm{mod } p)$$segue che $d$ divide MCD($p-1, \, 67$). Ma $d>1$ e $67$ è primo, quindi $d=67$ da cui $67$ divide $p-1$.

Ciò implica che ogni fattore primo $p$ di $2^{67}-1$ è della forma $p=67k+1=134h+1$ (qui $k$ è pari dato che $p$ è dispari). Nonostante questa restrizione sui fattori, Cole affermò che per trovarli esplicitamente aveva dovuto impiegare "le domeniche di tre anni" [3].

Cole fu molto attivo in ambito organizzativo, ricoprendo la carica di segretario dell'AMS a partire dal 1895. Oggi il Cole Prize in Algebra and Number Theory porta il suo nome.

Riferimenti.
[C1903] F. N. Cole: On the factoring of large numbers, Bull. Amer. Math. Soc. 10 (1903), 134–137 .


Frank Nelson Cole (fonte: Wikipedia)

31 luglio 2020

Cheapness

Mathematics is the part of physics where experiments are cheap.

Source:
On teaching mathematics, Uspekhi Mat. Nauk 53 (1998), no. 1, 229-234;
English translation: Russian Math. Surveys 53 (1998), no. 1, 229-236.

29 luglio 2020

Il Teorema di André

Una permutazione alternante dell'insieme $\{1, \ldots, \, n\}$, da non confondersi con una permutazione appartenente al gruppo alterno $\mathsf{A}_n$, è una permutazione $\sigma \in \mathsf{S}_n$ tale che ogni elemento $\sigma(i)$ è alternativamente minore o maggiore del precedente; in altre parole, si ha  $$\sigma(1) < \sigma(2), \quad \sigma(2) > \sigma(3), \quad \sigma(3) < \sigma(4) $$

e così via. Ad esempio, le permutazioni alternanti di $\{1, \, 2, \,  3 \}$ sono $$1, \, 3, \, 2 \quad \quad 2, \, 3, \, 1$$ e quelle di  $\{1, \, 2, \,  3, \, 4 \}$ sono  $$1, \, 3, \, 2, \, 4 \quad \quad 1, \, 4, \, 2, \, 3 \quad \quad 2, \, 3, \, 1, \, 4 \quad \quad 2, \, 4, \, 1, \, 3, \quad \quad 3, \, 4, \, 1, \, 2$$Il numero $A_n$ di permutazioni alternanti di $\{1, \ldots, n\}$ è detto $n$-esimo numero di André , in onore di Désiré André (1840-1917), o anche $n$-esimo numero zig-zag o n-esimo numero up/down. Uno dei risultati più importanti dovuti ad André è la scoperta di una funzione generatrice per tali numeri, ed è noto oggi come 
Teorema di André [A1881]. La somma della serie $$A(x) = \sum_{n=1}^{+ \infty} A_n \frac{x^n}{n!}$$ è data da $$A(x)=\tan\left( \frac{\pi}{4}+\frac{x}{2}\right)=\sec x + \tan x.$$ Dunque il suo raggio di convergenza è $\frac{\pi}{2}$, da cui si ottiene il comportamento asintotico $$A_n \sim 2 \left(\frac{2}{\pi}\right)^{n + 1} \cdot n!\,. $$
I valori di $A_n$ sono tabulati nella successione OEIS A000111, i cui primi elementi sono $$1, \, 1, \, 2, \, 5, \, 16, \, 61, \, 272, \, 1385, \, 7936, \, 50521, \, \dots$$ È bene notare che la definizione di permutazione alternante data in OEIS è lievemente diversa dalla nostra, dato che vengono ammesse anche le permutazioni tali che $$\sigma(1) > \sigma(2), \quad \sigma(2) < \sigma(3), \quad \sigma(3) > \sigma(4) $$ e così via. Con questa definizione, il numero di permutazioni alternanti è $2A_n$, e i corrispondenti valori sono tabulati in OEIS A001250.

I numeri di André hanno numerosi legami con altri famosi numeri usati in Analisi e Combinatoria. Ad esempio, se $B_k$ è il $k$-esimo numero di Bernoulli, vale la relazione $$B_{2n} =(-1)^{n-1}\frac{2n}{4^{2n}-2^{2n}} A_{2n-1}.$$ Il lettore interessato può consultare la relativa voce Wikipedia per ulteriori informazioni e riferimenti bibliografici.


Riferimenti.
[A1881]
D. André: Sur les permutations alternées, Journal de Mathématiques Pures et Appliquées 7 (1881), 167-184.

26 luglio 2020

Eureka

La nota nel diario di Carl Friedrich Gauss datata 10 luglio 1796 (quando Gauss aveva 19 anni). Subito sotto la parte cancellata, si può leggere
EUREKA num(ber) = △ + △ + △
Gauss aveva appena scoperto che ogni numero naturale si può scrivere come somma di tre numeri triangolari.

Riferimenti. 
[1] Gauss Diary, Wikipedia
[2] Jonathan Kujava: Eureka!3 Quarks Daily, March 2, 2015

Gauss

20 luglio 2020

Je n'ai pas le temps

Una pagina del manoscritto sulla teoria delle equazioni redatto da Évariste Galois il 30 maggio 1832, la notte prima del duello nel quale avrebbe perso la vita a soli 20 anni.

In basso a sinistra, sopra la parte cancellata, si può leggere la celebre frase "Il y a quelque chose à completer dans cette démonstration. Je n'ai pas le temps".

Fonte:
Tony Rothman: The short life of Évariste Galois, Scientific American 246, No. 4 (April 1982), p. 138.


19 luglio 2020

Siblings

Il congresso Bourbaki del 1938 a Dieulefit. Da sinistra: Simone Weil, Charles Pisot, André Weil, Jean Dieudonné, Claude Chabauty, Charles Ehresmann, Jean Delsarte. 

Per tutta la sua breve vita, Simone Weil fu interessata alla Matematica, il cui profondo rigore logico influenzò parte del suo pensiero. Ammirava senza riserve il fratello André, pur non potendo ovviamente seguirlo nella parte tecnica del suo lavoro. 

Resta famosa una lunga lettera (14 pagine) di André a Simone del 1940, nella quale il matematico tenta di spiegare alla sorella filosofa alcuni risultati di Teoria dei Numeri, come la legge di reciprocità quadratica di Gauss e la teoria degli ideali di Kummer.


Fonte: Wikipedia.

18 luglio 2020

Les enfants terribles

André and Simone Weil in Knokkele-Zoute, Belgium, 1922.

Source: Simone Pétrement, La vie de Simone Weil (1973).



12 luglio 2020

Quadrilateri e tassellazioni

Per la serie "forse non tutti sanno che":
Teorema. Ogni quadrilatero (anche non convesso) può essere usato per tassellare il piano.
Dimostrazione. Si parte da un quadrilatero ABCD, e si ruota di 180 gradi rispetto al punto medio di uno dei lati. Si ripete la costruzione quattro volte, usando ogni volta il punto medio di un lato come centro di rotazione. Siccome la somma degli angoli interni di un quadrilatero è 360 gradi, alla fine della procedura la figura si chiude senza pezzi mancanti o sovrapposizioni, e il quadrilatero tassella. $\square$

(Molti) più dettagli qui.

Fonte immagine: Math & the Art of MC Escher
Fonte: Math & the art of MC Escher

11 luglio 2020

Il Vieta jumping

Col nome di Vieta jumping (o "root flipping") si indica una tecnica di discesa infinita utilizzata in problemi aritmetici del tipo:

Dati due interi $a$, $b$ che soddisfano una data proprietà $\mathsf{P}$, si dimostri che una certa espressione razionale $R(a, \, b)$ soddisfa una ulteriore proprietà $\mathsf{Q}$.

La forma standard del metodo consiste dei passi seguenti:
  • si suppone per assurdo che esistano $a$, $b$  che soddisfano $\mathsf{P}$ e tali che $k:=R(a, \, b)$ non soddisfa $\mathsf{Q}$;
  • si sceglie la coppia $(a, \, b)$ come sopra in modo che essa soddisfi una opportuna condizione di minimalità;
  • si fissa uno degli elementi della coppia, diciamo $b$, e si sostituisce l'altro con una quantità variabile $x$,  ottenendo una  equazione algebrica in $x$ della forma $R(x, \, b)-k=0$;
  • prendendo una radice $\bar{x}$ di tale equazione diversa da $a$, si fa vedere che la nuova coppia $(\bar{x}, \, b)$ soddisfa $\mathsf{P}$ ed è minore di $(a, \, b)$, contraddicendo l'ipotesi di minimalità.

Applichiamo ora il Vieta jumping ad un famoso problema delle Olimpiadi Internazionali di Matematica del 1988, spesso citato per la sua difficoltà. Solo $11$ partecipanti riuscirono a risolverlo, fra i quali la futura Medaglia Fields Ngô Bảo Châu e il futuro professore di Matematica a Stanford Ravi Vakil.

Problema n. 6, IMO 1988. Siamo $a$, $b$ interi positivi tali che $ab+1$ divida $a^2+b^2$. Si dimostri che $\frac{a^2+b^2}{ab+1}$ è un quadrato perfetto.
Soluzione. Si supponga che $a$, $b$ siano tali che l'intero positivo $k:=\frac{a^2+b^2}{ab+1}$ non sia un quadrato perfetto, e si scelga una coppia $(a, \, b)$ con questa proprietà tale che $a \geq b$ e $a+b$ sia minimo. 

Si fissi $b$ e si sostituisca $a$ con una quantità variabile $x$, ottenendo l'equazione quadratica $$x^2-kbx+b^2-k=0.$$Sappiamo che $x_1=a$ è una soluzione, e indichiamo l'altra soluzione con $x_2$; allora l'espressione di $k$ rimane valida se si sostituisce $a$ con $x_2$, in altre parole $$\frac{x_2^2+b^2}{x_2b+1}=k>0.$$ Da qui segue $x_2b+1 > 0$, e quindi $x_2 \geq 0$, essendo $b>0$ per ipotesi.

Inoltre, dalle usuali formule per la somma e il prodotto delle radici di una equazione di secondo grado, si ricava $$x_2=kb-a, \quad x_2=\frac{b^2-k}{a}.$$ La prima espressione mostra che $x_2$ è un intero, mentre la seconda (e qui sta il punto cruciale) implica che $x_2 >0$, dato che per ipotesi $k$ non è un quadrato perfetto.   

Siccome $a \geq b$, si ottiene $$x_2 = \frac{b^2-k}{a} \leq \frac{a^2-k}{a} <a$$ e quindi $x_2+b < a +b$, contraddicendo la minimalità di $a+b$. $\square$

10 luglio 2020

Characters

I find all of my performances come down to mathematics in a sense—how do you approach the problem of this character? Sometimes I crack that problem, sometimes I don’t. 
Brad Pitt 

Source:
Interview by Elvis Mitchell, February 7, 2012.

05 luglio 2020

Happiness

If I feel unhappy, I do mathematics to become happy. If I am happy, I do mathematics to keep happy.
Alfréd Rény (1921-1970)

Source:
Pál Turán (1970). "The Work of Alfréd Rényi". Matematikai Lapok 21: 199–210.

03 luglio 2020

Hilbert rest space

David Hilbert's grave in Göttingen. On the gravestone is carved his famous motto "Wir mussen wissen. Wir werden wissen" ("We must know. We will know").


Source: Wikimedia Commons

02 luglio 2020

Il teorema di Cayley-Bacharach

Il teorema di Cayley-Bacharach è un sorprendente risultato di geometria proiettiva nel piano riguardante le curve di grado $3$ (cubiche). Esso può essere visto come il più semplice esempio in cui compare l'importante concetto di "sovrabbondanza" di un sistema lineare di curve. L'enunciato è il seguente:
Teorema (Cayley-Bacharach).  Sia $k$ un campo algebricamente chiuso e si considerino nove punti $p_1, \ldots, p_9$ nel piano proiettivo $\mathbb{P}^2(k)$ che siano l'intersezione  di due cubiche $C_1$ e $C_2$. Allora, ogni cubica $C$ che passi per otto qualsiasi dei punti $p_i$ passa necessariamante anche per il nono.
La dimostrazione completa del teorema presenta qualche sottigliezza tecnica, ma l'idea è semplice da comprendere. Esistono esattamente dieci monomi di grado 3 nelle variabili $x_0, \, x_1, \, x_2$, quindi i polinomi omogenei di grado $3$  in tali variabili formano uno spazio vettoriale $V_3$ che ha dimensione $10$ su $k$. Siccome una cubica è definita da un tale polinomio a meno di uno scalare moltiplicativo,  l'insieme delle cubiche (quello che si chiama il "sistema lineare completo") è dato dallo spazio proiettivo $\mathbb{P}(V_3)$, che ha dimensione $9$ su $k$. Pertanto, per nove punti del piano in posizione generale passerà una e una sola cubica.

Consideriamo ora le cubiche che passano per otto dei nove punti $p_i$, diciamo $p_1, \ldots, p_8$. Il conto di parametri considerato prima mostra che vi è uno spazio proiettivo $\mathbb{P}(W) \subset \mathbb{P}(V_3)$ di dimensione almeno $9-8=1$ di cubiche passanti per essi, e la cosa delicata da mostrare è che tale spazio ha dimensione esattamente $1$. Allora, siccome  $C_1$, $C_2$ stanno in $\mathbb{P}(W)$ per definizione, ogni cubica passante per $p_1, \ldots, p_8$ è della forma $\lambda_1 C_1 + \lambda_2 C_2$, con $\lambda_1, \, \lambda_2 \in k$. Ma $C_1$ e $C_2$ passano anche per $p_9$, dunque lo stesso vale per $C$.

Questo argomento mostra che nove punti del piano che stanno sull'intersezione di due cubiche non  sono in posizione generale, dato che impongono solo otto (invece di nove) condizioni lineari alle forme omogenee di grado $3$.  Più precisamente, l'insieme dei nove punti $p_1, \ldots, p_9$ impone alle forme di grado $3$ lo stesso numero di condizioni imposte da otto qualsiasi di essi, e questo è all'origine del fenomeno "otto implica nove" nell'enunciato del teorema.


Cayley–Bacharach theorem - Wikipedia
Ogni cubica (in nero) passante per otto dei nove punti di intersezione delle cubiche blu e rossa passa anche per il nono. Fonte immagine: Wikipedia 


Riferimenti.

[B886] I. Bacharach: Ueber den Cayley'schen Schnittpunktsatz, Mathematische Annalen, 26 (2): 275–299 (1886), doi:10.1007/BF01444338


01 luglio 2020

Curves

Everyone knows what a curve is, until he has studied enough Mathematics to become confused through the countless number of possible exceptions.
Felix Klein

Original quote:
Was eine Kurve ist, glaubt jeder Mensch zu wissen, bis er so viel Mathematik gelernt hat, daß ihn die unzähligen möglichen Abnormitäten verwirrt gemacht haben.
(Elementarmathematik vom höheren Standpunkte aus, Bd.2)

https://hsm.stackexchange.com/questions/9789/source-for-felix-klein-quote-about-curves

29 giugno 2020

La congettura di Toepliz

Nel 1911, Otto Toepliz [T11] propose la seguente
Congettura. Ogni curva di Jordan (curva piana semplice chiusa) contiene quattro punti che formano i vertici di un quadrato.  
Da allora, essa è nota come Congettura di Toepliz, o Congettura del quadrato inscritto [W], ed è al momento ancora aperta nel caso generale. Risultati di  Arnold Emch [E16]  Lev Schnirelmann [S44] implicano che essa è vera per curve regolari a tratti, ad esempio per i poligoni. Si noti che non è detto che il quadrato inscritto sia unico: si pensi ad una circonferenza, che contiene infiniti quadrati inscritti.

Come spesso accade con le curve di Jordan, il caso più difficile da trattare è quello delle curve continue ma che non possiedono regolarità maggiore, ad esempio i frattali come la curva di Koch. In tal caso, si potrebbe pensare di approcciare la congettura approssimando la curva con una successione di curve regolari a tratti e passando al limite di una successione di quadrati inscritti in queste ultime; purtroppo, la tecnica non funziona, in quanto il limite può essere un quadrato di lato zero, ossia un punto. 

Esistono diverse varianti della congettura di Toepliz, che si ottengono sostituendo il quadrato con altri tipi di poligoni. È noto ad esempio che ogni curva di Jordan contiene un rettangolo. Di recente, Joshua Evan Greene and Andrew Lobb [GL20] hanno generalizzato i risultati di Emch e Schnirelmann in questo caso, ottenendo il seguente 
Teorema. Data una curva di Jordan liscia $C$ e un rettangolo $R$ nel piano euclideo, esistono quattro punti su $C$ che sono i vertici di un rettangolo simile a $R$.
La storia di questo risultato, ottenuto durante il periodo di quarantena per la pandemia Covid-19, è stata raccontata da Kevin Hartnett in un articolo su Quanta Magazine [H20], a cui si rimanda il lettore per maggiori dettagli.


Fonte immagine: Wikipedia


Riferimenti. 

[E16]  A. EmchOn some properties of the medians of closed continuous curves formed by analytic arcs, American Journal of Mathematics, 38 (1) (1916)

[GL20] J. E: Greene, A. Lobb: The rectangular peg problem, arXiv:2005.09193

[H20] K. Hartnett: New Geometric Perspective Cracks Old Problem About Rectangles, Quanta Magazine (June 2020).

[S44]  L. G. Schnirelmann: On certain geometrical properties of closed curves, Akademiya Nauk SSSR I Moskovskoe Matematicheskoe Obshchestvo. Uspekhi Matematicheskikh Nauk, 10: 34–44 (1944)

[T11] O. Toeplitz: Über einige Aufgaben der Analysis situs, Verhandlungen der Schweizerischen Naturforschenden Gesellschaft (in German), 94: 197 (1911)