30 giugno 2018

Varietà lineari a tratti: Hauptvermutung

Una varietà topologica $M$ si dice lineare a tratti (o PL = "piecewise-linear") se esiste su di essa un atlante tale che le funzioni di transizione siano funzioni lineari a tratti. Si tratta di una proprietà lievemente più forte dell'esistenza di una triangolazione.

La categoria PL delle varietà lineari a tratti sta quindi in mezzo fra quella TOP delle varietà topologiche e quella DIFF delle varietà differenziabili. È importante notare che le funzioni lineari a tratti sono di classe $C^0$ ma non $C^1$, dato che è ben noto che la categoria delle varietà $C^1$ è equivalente a DIFF (cioè, che ogni atlante di classe $C^1$ è equivalente ad uno liscio).

Inoltre, le inclusioni DIFF $\subset$ PL $\subset$ TOP sono entrambe strette.

Infatti, ricordiamo innanzitutto che ogni varietà differenziabile ammette una struttura PL (per via di un teorema di Whitehead [W40], che afferma che ogni varietà liscia è triangolabile), ma non vale il viceversa. In altre parole, vi sono varietà PL che non ammettono nessun atlante di classe $C^{\infty}$ (cioè, che non sono "allisciabili"). Il primo esempio di questo tipo venne costruito da M. Kervaire in [K60]: si tratta di una varietà PL di dimensione 10, ottenuta con una tecnica di topologia differenziale detta "plumbing" a partire dai fibrati tangenti di due 5-sfere; in suo onore, varietà di questo tipo vengono oggi chiamate varietà di Kervaire.

Inoltre, esistono varietà topologiche che non possiedono nessuna strutture PL, ed altre che ne possiedono infinite.

Storicamente, il problema della triangolabilità delle varietà topologiche è noto come "Hauptvermutung". La triangolabilità delle varietà di dimensione 2 è stata dimostrata da T. Radó nel 1920, e quella delle varietà di dimensione 3 da E. Moise nel 1950. Quindi i primi controesempi possono presentarsi solo da dimensione 4 in poi.

Oggi si sa che, per una varietà topologica $M$, l'ostruzione a possedere una struttura PL è data dalla  classe di Kirby-Siebermann $$k(M) \in H^4(M,  \, \mathbb{Z}_2).$$ Se $\dim(M) \geq 5$ e $M$ è compatta, allora esiste una struttura PL su $M$ se e solo se $k(M)=0,$ e in questo caso il numero di strutture PL differenti è parametrizzato da $H^3(M,  \, \mathbb{Z}_2)$, in particolare esse sono in numero al più finito.

In dimensione $4$ le cose sono radicalmente differenti: in tal caso la categoria PL coincide con la categoria DIFF, ed esistono $4$-varietà topologiche compatte e semplicemente connesse che possiedono infinite strutture PL distinte (S. Donaldson).

Inoltre, M. Friedman trovò nel 1982 l'esempio noto come varietà E8, una 4-varietà topologica compatta e semplicemente connessa che non solo non ammette nessuna struttura PL, ma addirittura non è neanche omeomorfa ad un complesso simpliciale. Esempi con la stessa proprietà, in ogni dimensione maggiore o uguale a $5$, sono stati costruiti più recentemente da C. Manolescu  in [Ma16].


Riferimenti:


[K60] M. Kervaire: A manifold which does not admit any differentiable structure, Comm. Math. Helv. 34 (1960), 257–270.
[Ma16 ] C. Manolescu: $\mathrm{Pin}(2)$-equivariant Seiberg–Witten Floer homology and the Triangulation Conjecture, Journal of the American Mathematical Society 29 (2016), 147 -176.
[W40] J. H. C. Whitehead: On $C^1$-ComplexesAnnals of Mathematics. Second Series. 41 (4) (1940), 809–824.

23 giugno 2018

Apologia di un matematico

A mathematician, like a painter or a poet, is a maker of patterns. If his patterns are more permanent than theirs, it is because they are made with ideas
(G. H. Hardy)

G. H. Hardy (1877-1947) fu uno dei più importanti matematici inglesi del '900, attivo soprattutto nel campo della Teoria Analitica dei Numeri. Le sue collaborazioni con J. Littlewood (1885-1977) e S. Ramanujan (1887-1920) portarono a numerosi fondamentali risultati, fra cui il celebre Metodo del Cerchio, che permise di utilizzare gli strumenti dell'Analisi Complessa e dell'Analisi Armonica allo studio del comportamento asintotico della funzione di partizione degli interi.

Hardy è considerato colui che "portò il rigore nella matematica britannica", ed il suo sodalizio scientifico con Littlewood era talmente famoso che H. Bohr arrivò ad affermare "oggi vi sono solo tre grandi matematici in Inghilterra: Hardy, Littlewood e Hardy-Littlewood".

Nel 1940, in quella che doveva essere l'ultima parte della sua vita, Hardy pubblicò A Mathematician's Apology, un breve saggio che oggi è considerato un classico dell'autobiografia scientifica.

"Apologia" qui va inteso non come "richiesta di perdono", ma piuttosto nel senso che Platone dà all'Apologia di Socrate: una spiegazione delle proprie azioni, e del perché si sia agito secondo coscienza. Al contrario di Socrate, tuttavia, Hardy era un ateo convinto, dunque le sue giustificazioni non sono rivolte a Dio, ma solo agli uomini.

Vi furono almeno due elementi che spinsero il matematico inglese a scrivere l'Apologia. In primo luogo, all'età di 62 anni e dopo un attacco di cuore, Hardy sentiva di avere perso la propria vena creativa (nel corso di tutta la vita affermò che la ricerca matematica era un'attività per gente giovane) e infatti, nella prefazione alla ristampa del 1967, C. P. Snow definisce l'opera come "a passionate lament for creative powers that used to be and that will never come again". In secondo luogo, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, e gli orrori che ne derivarono, spinsero Hardy (che fu sempre un pacifista convinto) a ribadire che lo scopo dei matematici deve essere quello di ricercare la conoscenza come fine a se stessa, e non di applicarla agli strumenti di morte dell'industria bellica.

Tutta l'Apologia è pervasa dal senso del Bello, dato che Hardy considerava la matematica una forma d'arte al pari della musica, della pittura o della scultura: addirittura, per convincere il lettore di questo fatto, ad un certo punto include la dimostrazione data da Euclide dell'infinità dei numeri primi, e quella dell'irrazionalità di $\sqrt{2}$. Due esempi "old but gold", definiti "un banco di prova: se il lettore è incapace di apprezzarli, è improbabile che sappia apprezzare qualcosa della Matematica".

Un capitolo importante dell'Apologia è la descrizione del rapporto dell'autore con il genio autodidatta Ramanujan (che meriterebbe un post a parte): Hardy, persona fredda e distaccata, definito da Littlewood "un omosessuale non praticante", lo chiama "l'unico incidente romantico della mia vita".

Alcune delle affermazioni fatte da Hardy possono apparire ingenue col senno di poi: ad esempio, quella che non ci possano essere contributi importanti dati alla Matematica da gente oltre i 50 anni (adesso che la materia non è più un'occupazione d'élite, non è raro trovare importanti teoremi dimostrati da matematici sessantenni o anche più anziani) e soprattutto quella che la Teoria dei Numeri, la regina della Matematica secondo Gauss, non abbia applicazioni pratiche: per ironia della sorte, oggi la Teoria dei Numeri è fondamentale per l'industria militare e la cybersecurity, a causa dei suoi profondi legami con la Teoria dei Codici e la Crittografia.

Idiosincrasie e affermazioni datate a parte, l'Apologia di un Matematico è comunque un documento sincero e commovente, che rivela il grande amore dell'autore per il suo lavoro, e anche la sua umiltà di fondo, che traspare in una delle frasi conclusive dell'opera:

"Ancor oggi nei momenti di depressione, quando mi trovo a dover ascoltare gente pedante e presuntuosa, mi dico: Beh, io ho fatto qualcosa che voi non sareste mai stati capaci di fare: ho collaborato con Littlewood e Ramanujan, su un piano quasi di parità".

G. H. Hardy (fonte Wikipedia)

10 giugno 2018

Il teorema di invarianza del dominio

Se $m$ ed $n$ sono due interi positivi, allora non è difficile dimostrare che $\mathbb{R}^m$ e $\mathbb{R}^n$ sono diffeomorfi se e solo se $m=n$. Infatti, un diffeomorfismo induce un isomorfismo lineare fra gli spazi tangenti, e due spazi vettoriali di dimensione finita sono isomorfi se e solo se hanno la stessa dimensione.

La questione diventa molto più sottile quando si passa dalla categoria differenziale a quella topologica. Chiaramente, $\mathbb{R}$ non è omeomorfo a $\mathbb{R}^n$ se $n>1$, per il semplice fatto che un punto sconnette $\mathbb{R}$ ma non $\mathbb{R}^n$; ma cosa si può dire nel caso generale?

Non si può sperare di adattare l'argomento precedente utilizzando sottospazi lineari di dimensione maggiore di zero. Infatti, è senz'altro vero (ad esempio) che una retta sconnette $\mathbb{R}^2$ ma non $\mathbb{R}^n$ con $n>2$; tuttavia, l'immagine di una retta tramite un'applicazione di classe $C^0$ ma non $C^1$ può essere un oggetto ben diverso da una retta, addirittura una curva di tipo Peano che riempie tutto lo spazio. Di fatto, la presenza di tali applicazioni continue "patologiche" è l'ostacolo essenziale ad una trattazione "elementare" del problema.

La questione venne risolta dal matematico olandese L.E.J. Brouwer, che, nel 1912, pubblicò [1] la prima dimostrazione completa di quello è oggi conosciuto come
Teorema di invarianza del dominio. Gli spazi topologici $\mathbb{R}^m$ e $\mathbb{R}^n$ sono omeomorfi se e solo se $m=n$.
La dimostrazione di Brouwer fa uso del teorema di punto fisso che oggi porta il suo nome; invece, nei moderni libri di testo (vedi ad esempio [2, Theorem 2.26]), si trova in genere la seguente dimostrazione che fa uso dell'omologia singolare.
Dimostrazione. Se $\mathbb{R}^m$ e $\mathbb{R}^n$ sono omeomorfi, allora lo stesso vale per gli spazi $\mathbb{R}^m$ meno un punto e $\mathbb{R}^n$ meno un punto, che si retraggono rispettivamente su $S^{m-1}$ e $S^{n-1}.$ Siccome la sfera $S^k$ ha omologia non banale solo in gradi $0$ e $k$, e i gruppi di omologia sono invarianti omotopici, segue $m-1=n-1$, cioè $m=n$.
$\square$
Si possono dare dimostrazioni analoghe usando invarianti topologici, diversi dall'omologia, che distinguano sfere di dimensioni differenti: ad esempio la coomologia (il cui comportamento sulle sfere, via dualità di Poincaré, è analogo a quello dell'omologia) o i gruppi di omotopia superiore (per i quali $\pi_i(S^k)=0$ se $i <k$, mentre $\pi_k(S^k)=\mathbb{Z}$).

A volte, in letteratura, con Teorema di Invarianza del Dominio si indica il seguente risultato, da cui quello enunciato sopra scaturisce come semplice conseguenza (vedi [3]):
Teorema. Se $U$ è un aperto non vuoto di $\mathbb{R}^n$ e $f \colon U \to \mathbb{R}^n$ è una mappa continua e iniettiva, allora $V=f(U)$ è aperto e la restrizione $f \colon U \to V$ è un omeomorfismo.
Dal punto di vista storico, questa è la versione da cui il risultato prende il suo nome, dato che, classicamente, il termine "dominio" indicava un aperto connesso di $\mathbb{R}^n$. Una dimostrazione, basata su tecniche omologiche standard, può essere trovata in [2, Theorem 2B.3].

Riferimenti:

[1] L. E. J. Brouwer: Beweis der Invarianz des n-dimensionalen Gebiets, Mathematische Annalen 71 (1912), p. 305–315; vedi anche Mathematische Annalen 72 (1912), p. 55–56.
[2] A. Hatcher: Algebraic Topology, Cambridge University Press (2009).
[3] https://en.wikipedia.org/wiki/Invariance_of_domain