13 maggio 2019

Le due culture in Matematica

"I was thinking more of the tendency today for people
to develop whole areas of mathematics on their own,
in a rather abstract fashion. They just go on beavering
away. If you ask what is it all for, what is its signifi-
cance, what does it connect with, you find that they
don't know.
"
M. F. Atiyah [1]

Ai matematici capita spesso di lamentarsi del fatto che la Matematica (a differenza della Poesia, della Letteratura o della Filosofia) non sia ancora vista come una parte indispensabile del patrimonio culturale collettivo. Dopotutto, quante volte abbiamo incontrato persone, anche molto colte, affermare candidamente con un sorrisetto "eh, io di Matematica non ci capisco proprio nulla"? Eppure, nessuno avrebbe il coraggio di sostituire "Matematica" con "Shakespeare" senza il timore di apparire goffamente ignorante.

È quindi un po' paradossale che anche i matematici, all'interno della loro comunità, tendano a volte a replicare, più o meno inconsapevolmente, atteggiamenti di questo tipo. Capita, ad esempio, che i "theory builders" guardino con sufficienza i "problem solvers", e viceversa. 

Non è raro che, dopo aver studiato per anni il formalismo fortemente astratto della Geometria Algebrica moderna (quello sviluppato da Grothendieck negli EGA, per intenderci), uno si senta autorizzato ad alzare il sopracciglio verso chi si dedica a "semplici" problemi di Combinatoria; allo stesso modo, chi si dedica alla Combinatoria può considerare il Geometra Algebrico à la Grothendieck come uno snob spocchioso che non è in grado neanche di sporcarsi le mani con un semplice problema di colorazione di un grafo.

Ovviamente, il discorso precedente è una iper-semplificazione, dato che molti matematici sviluppano teorie proprio allo scopo di risolvere problemi (il viceversa, tuttavia, è molto meno frequente). A volte però, come acutamente osservato da M. Atiyah nella citazione iniziale, la ricerca dell'astrazione viene fatta per sè, escludendo a priori qualsiasi tentativo di applicazione della teoria o di ibridazione fra le due "culture".

Il risultato è una mancanza di comunicazione all'interno della comunità che, se da una parte rallenta intrinsecamente la ricerca scientifica, dall'altra può avere implicazioni devastanti per la carriera delle persone: non è infrequente che un "theory builder" duro e puro si trovi in una commissione che deve giudicare un candidato "problem solver" o viceversa, con risultati immaginabili in fase di valutazione.

L'argomento è chiaramente troppo vasto per un semplice post; il lettore interessato può trovare una bella analisi nell'articolo di W. T. Gowers The two cultures in mathematics [2], che contiene anche una serie importante di esempi che mostrano come Matematica Discreta e Combinatoria, lungi dall'essere solo una vasta collezione di problemi individuali e di risultati sparsi, contengono al loro interno principi generali di vasta applicabilità, anche se la struttura soggiacente è meno esplicita che nel caso della Geometria Algebrica o dell'Analisi Funzionale.

Esempi illuminanti sono la dimostrazione di P. Erdős del Teorema di Ramsey per mezzo di una "colorazione random" (che, usando le parole di Gowers, "opened the floodgates of probabilistic arguments in combinatorics") e quella di V. Milman del Teorema di Dworesky  per mezzo di un argomento di tipo "concentrazione della misura" che, oltre a dare il via all'analisi geometrica asintotica negli spazi di Banach, si è rivelato fecondo in altre parti della Matematica come l'Analisi Armonica e la Teoria delle PDE. 

L'articolo di Gowers termina con l'auspicio di una maggiore collaborazione fra i matematici appartenenti alle due "culture", pur osservando che "collaboration of this kind would require greater efforts on the part of problem-solvers to learn a bit of theory, and greater sympathy on the part of theoreticians towards mathematicians who do not know what cohomology is".

Magari ha senso concludere questo post come è iniziato, ovvero con una citazione di Atiyah [3]:
"... the ultimate justification for doing mathematics is intimately related with its overall unity. If we grant that, on purely utilitarian grounds, mathematics justifies itself by some of its applications, then the whole of mathematics acquires a rationale provided it remains a connected whole. Any part that drifts away from the main body of the field has then to justify itself in a more direct fashion".


Riferimenti.

[1] An interview with M. Atiyah, The Mathematical Intelligencer 6 (1984), 9-19
https://link.springer.com/content/pdf/10.1007%2FBF03024202.pdf
[2] W. T. Gowers: The two cultures in Mathematics
https://www.dpmms.cam.ac.uk/~wtg10/2cultures.pdf
[3] M. F. Atiyah, Identifying progress in mathematics, ESF conference in Colmar, C.U.P. (1985), 24-41.

1 commento:

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