28 ottobre 2017

Il teorema della curva di Jordan

Una curva di Jordan è l'immagine di un'applicazione continua ed iniettiva della circonferenza $S^1$ in $\mathbb{R}^2$. Si può essere tentati di pensare una tale curva come un laccio chiuso, continuo e senza autointersezioni nel piano. Tuttavia, bisogna tenere presente che la definizione data sopra richiede solo la continuità della curva, non la differenziabilità, quindi in essa sono compresi anche oggetti frattali complicati come la curva di Koch (o "curva del fiocco di neve") che non ammettono derivata in nessun punto.

Il teorema della curva di Jordan afferma che
ogni curva di Jordan $C$ divide il piano in due regioni connesse, una delle quali è limitata (l'"interno" della curva) e l'altra è illimitata (l'"esterno"), tali che $C$ sia frontiera per entrambe le componenti.

Si tratta di un enunciato intuitivo ma la cui dimostrazione si è rivelata difficoltosa, anche per via dell'esistenza di curve "patologiche" come quella di Koch. Infatti, la dimostrazione data dallo stesso C. Jordan nel 1887 all'interno del suo famoso Course d'Analyse venne ritenuta insoddisfacente, e la prima dimostrazione che rispetta i moderni canoni di rigore è considerata quella fornita da O. Veblen nel 1905.

I trattamenti forniti nei libri di testo moderni utilizzano in genere i metodi della Topologia Algebrica, in particolare quelli omologici, che permettono di dimostrare anche l'analogo del teorema di Jordan in ogni dimensione, ovvero quello che si chiama il Teorema di Separazione dello Spazio.

Esso afferma che ogni immersione topologica della sfera $n$-dimensionale $S^n$ in $R^{n+1}$ identifica due componenti connesse, una limitata (l'"interno") e l'altra illimitata (l'"esterno"), tali che l'immagine di S^n costituisca la loro frontiera comune.

Un'altra generalizzazione del teorema della Curva di Jordan, detto Teorema di di Jordan–Schönflies, afferma che ogni curva di Jordan in $\mathbb{R}^2$ è equivalente all'immersione standard di $S^1$, cioè alla curva $x^2+y^2=1$, per mezzo di un omeomorfismo del piano.

Abbastanza sorprendentemente, e al contrario del teorema della Curva di Jordan, questo enunciato non ammette estensioni in dimensione superiore. Infatti esiste un'immersione patologica di $S^2$ in $\mathbb{R}^3$ (la cosiddetta "Alexander horned sphere", 1924) tale che il suo complementare non è una regione semplicemente connessa. Ciò implica che la costruzione di Alexander non può essere equivalente all'immersione standard di $S^2$ per mezzo di un omeomorfismo dello spazio, in quanto il complementare di $S^2$ in $\mathbb{R}^3$ è semplicemente connesso.

E' importante notare che l'immersione che fornisce la sfera di Alexander è solo continua, ma non differenziabile. Lo stesso Alexander dimostrò che il Teorema di di Jordan–Schönflies continua a valere in dimensione 3 se si considerano solo immersioni lisce (o lineari a tratti). Storicamente, questa fu una delle prime circostanze in cui venne notata la profonda differenza che intercorre fra il concetto di varietà topologica e quello di varietà differenziabile.



14 ottobre 2017

Squaring the square

È possibile suddividere un quadrato di lato intero in un numero finito $n >1$ di quadrati di lati interi fra loro tutti differenti?
Se si, diremo che si è ottenuto un "quadrato perfetto di ordine $n$". Nonostante la definizione ingannevolmente semplice, stabilire l'esistenza di quadrati pefetti si è rivelato un problema difficile e solo in tempi relativamente recenti è stato possibile darne una soluzione. Questo viene in genere chiamato "squaring the square problem", con evidente riferimento scherzoso al problema della quadratura del cerchio ("squaring the circle").

I primi a studiare sistematicamente la questione, fra il 1938 e il 1940, furono R. L. Brooks, C. A. B. Smith, A. H. Stone and W. T. Tutte, ricercatori dell'Università di Cambridge. In modo ingegnoso e sorprendente essi riuscirono a trasformare il problema originale in un problema equivalente di reti elettriche, che poi risolsero applicando le leggi di Kirchhoff.

Il primo quadrato perfetto ottenuto in tal modo aveva ordine $69$; successivamente, un perfezionamento della tecnica permise di ottenere quadrati di ordine $39$.
Più o meno nello stesso periodo, altri ricercatori (R. Sprague, T. H. Willcocks) lavorarono sul problema utilizzando, invece del "metodo teorico" delle reti elettriche, un "metodo empirico" consistente nel combinare fra loro in modo ingegnoso rettangoli perfetti di vario ordine. In particolare, Willcocks costruì in tal modo (1946) un quadrato perfetto di ordine $24$. Occorrerà attendere fino al 1982 per la dimostrazione, ottenuta da J. W. Duijvestijn, P. J. Federico and P. Leeuw, che il minimo ordine possibile per un quadrato perfetto è $21$. Per maggiori dettagli, il lettore può consultare i riferimenti bibliografici citati in fondo al post.

Un affascinante e divertente resoconto di come Brooks, Smith, Stone e Tutte arrivarono al loro metodo delle reti elettriche, scritto dallo stesso Tutte, si può trovare nel Volume 2 di "Enigmi e Giochi Matematici" di M. Gardner.
Nell'appendice all'articolo di Gardner è contenuta anche la dimostrazione (un argomento per assurdo sorprendentemente semplice) che l'analogo problema in dimensione superiore non ha soluzione. In altre parole, non è possibile suddividere un cubo in un numero finito di cubi i cui spigoli abbiano tutti lunghezza differente. La stessa dimostrazione si applica a tutti gli ipercubi di dimensione maggiore di $2$.


Un quadrato perfetto di lato $4205$ e ordine $55$

Riferimenti:

[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Squaring_the_square
[2] http://mathworld.wolfram.com/PerfectSquareDissection.html
[3] Brooks, R. L.; Smith, C. A. B.; Stone, A. H.; Tutte, W. T.: "The dissection of rectangles into squares". Duke Math. J. 7 (1940), 312–340.

07 ottobre 2017

La bottiglia di Klein

Three jolly sailors from Blaydon-on-Tyne
They went to sea in a bottle by Klein.
Since the sea was entirely inside the hull
The scenery seen was exceedingly dull.

Se si identificano a due a due e nella stessa direzione i lati opposti di un quadrato si ottiene un toro. Se una delle due coppie di lati viene identificata in senso opposto, si ottiene invece una superficie compatta e senza bordo che indichiamo con $K$ ed è nota come Bottiglia di Klein ("Kleinsche Flasche", in tedesco), dal nome del matematico Felix Klein che per primo la descrisse nel 1882.
Esplicitamente, la bottiglia di Klein è quindi lo spazio di identificazione ottenuto dal quadrato $[-1, 1] \times  [-1, 1]$ tramite la relazione d'equivalenza $(-1,  \, y) \simeq (1, y)$ e $(x, \, -1) \simeq (-x, \, 1)$.

La bottiglia di Klein costruita come spazio di identificazione

Al contrario del toro e come il nastro di Moebius, la bottiglia di Klein è una superficie non orientabile. Tuttavia, contrariamente al nastro di Moebius, non è possibile immergere la bottiglia di Klein in $\mathbb{R}^3$ (ma è possibile immergerla in $\mathbb{R}^4$). Infatti, ogni realizzazione della bottiglia di Klein in $\mathbb{R}^3$ ha autointersezioni: la superficie è senza bordo ma ad una sola faccia, di modo che non ha senso parlare di "interno" ed "esterno" per essa.
Quindi una nave a forma di bottiglia di Klein non sarebbe molto utile per attraversare il mare, in quanto esso sarebbe contemporaneamente "fuori e dentro" lo scafo (come sperimentato dai tre allegri marinai di Blaydon-on-Tyne del celebre limerick citato sopra).

Una applicazione standard del Teorema di Seifert-Van Kampen mostra che il gruppo fondamentale $\pi_1(K)$ ha due generatori $a, \, b$ soggetti all'unica relazione $aba^{-1}b=1$, dunque si tratta del prodotto semidiretto di due copie di $\mathbb{Z}$ (scritte in notazione moltiplicativa) associato all'automorfismo $b \mapsto b^{-1}$. In particolare esso è infinito e non abeliano.

Quozientando per il sottogruppo dei commutatori si ottiene il gruppo generato da $a,\, b$ con l'unica relazione $b^2 = 1$, e ciò implica che $H_1(K, \, \mathbb{Z})$ è isomorfo al prodotto diretto $\mathbb{Z} \times \mathbb{Z}_2$. Quindi $K$ fornisce un semplice esempio di spazio topologico con gruppo fondamentale non abeliano e avente torsione nel primo gruppo di omologia.

Il sottogruppo $G$ generato da $b, \,a^2$ ha indice $2$ in $\pi_1(K)$, dunque esso corrisponde ad un rivestimento topologico di grado $2$ della bottiglia di Klein. Osserviamo che $ab=(b^{-1})a$ implica $a(b^{-1})=ba$, pertanto
$$a^2b = a(ab) = a(b^{-1})a = baa= ba^2.$$ Ciò vuol dire che $G$ è un gruppo libero abeliano con due generatori, dunque isomorfo a $\mathbb{Z} \times \mathbb{Z}$, che è il gruppo fondamentale del toro $T = S^1 \times S^1$.

Il rivestimento doppio $T \to  K$ determinato algebricamente come sopra si può interpretare geometricamente osservando che affiancando due domini fondamentali speculari di una bottiglia di Klein si ottiene il dominio fondamentale di un toro. Questa costruzione mostra anche che il rivestimento universale di $K$ coincide con quello di $T$, cioè è omeomorfo al piano $\mathbb{R}^2$.

Anche se la bottiglia di Klein non ha né interno né esterno, è in realtà possibile bere da essa (o meglio da un suo modello con auto-intersezione in $\mathbb{R}^3$). Modelli di tazze costruite a partire da bottiglie di Klein si trovano ad esempio qui.

Modello di bottiglia di Klein realizzata in vetro soffiato (fonte: ACME Klein bottle)