27 agosto 2017

"Mathematical cranks" di Underwood Dudley

Molti matematici professionisti (compreso il sottoscritto) si imbattono prima o poi nella figura del "mathematical crank". Si tratta di un individuo più o meno autodidatta, ma in ogni caso con un modesto background matematico, che ricade in una delle seguenti tipologie:
  • crede di aver dimostrato qualcosa di impossibile (come trisecare l'angolo, quadrare il cerchio, duplicare il cubo, ricavare il V postulato di Euclide dai primi quattro);
  • crede di aver dimostrato qualcosa che non ha dimostrato (l'Ultimo Teorema di Fermat con metodi elementari, il Teorema dei Quattro Colori senza computer, l'Ipotesi di Riemann);
  • ha una visione della matematica "eccentrica" o "spiritualista" (crede ad esempio in una numerologia di stampo pitagorico o cabalistico, un po' come il protagonista del film "Pi: il teorema del delirio" di D. Aronofski, oppure applica i risultati di incompletezza di Gödel alla religione, e così via). 
In ogni caso, il mathematical crank si distingue dal semplice amateur per la sua pervicacia nel non ammettere i propri errori, spesso dovuta anche alla sua incapacità di comprenderli. Il professionista che prova a confrontarsi con questa tipologia di persone si trova davanti ad un muro frustrante di difficoltà comunicativa, acuito dal fatto che molte di loro soffrono di una distorsione percettiva della realtà che li porta a sopravvalutare le proprie (limitate) abilità e a ritenersi, a torto, degli esperti. Come corollario, essi uniscono una marcata incompetenza ad una notevole supponenza (è il ben noto effetto Dunning-Kruger).

Il libro "Mathematical Cranks" (1992) di Underwood Dudley offre una gustosa, e a volte inquietante, panoramica di mathematical cranks di vario tipo. Si passa da trisettori, quadratori e duplicatori assortiti fino ad arrivare a gente che crede che nella distribuzione dei numeri primi si nasconda il segreto dell'Universo, o che vi sia una cospirazione mondiale per nascondere fantomatici algoritmi lineari in grado di risolvere ogni problema.

Una lettura interessante (ed utile per chi voglia evitare di impelagarsi in inutili discussioni), che spiega anche perché nel 1897 lo Stato dell'Indiana discusse una legge che autorizzava ad utilizzare come valore per Pi greco il numero intero $3$ (!).

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