01 dicembre 2019

Automorfismi di gruppi simmetrici

Se $G$ è un gruppo, diremo che un automorfismo di $ f \colon G \to G$ è interno se esso si ottiene per coniugazione con un elemento fissato di $G$. Gli automorfismi interni formano un sottogruppo $\mathrm{Inn}(G)$ di $\mathrm{Aut}(G)$ che è caratteristico, in particolare normale; pertanto, si può considerare il gruppo quoziente $\mathrm{Out}(G) = \mathrm{Aut}(G)/\mathrm{Inn}(G)$, che è detto gruppo degli automorfismi esterni.

Per $G=S_n$, il gruppo simmetrico su $n$ elementi, sussiste il seguente sorprendente risultato.
  • Se $n \neq 6$, allora ogni automorfismo di $S_n$ è interno, in altre parole $\mathrm{Inn}(S_n)=\mathrm{Aut}(S_n)$ e $\mathrm{Out}(S_n)= \{1\}$.
  •  $\mathrm{Inn}(S_6)$ ha indice $2$ in $\mathrm{Aut}(S_6)$, dunque $\mathrm{Out}(S_6)=\mathbb{Z}_2$. 
La prima parte di questo teorema si basa su un semplice argomento combinatorio, vedi [Se40]. Per quanto riguarda la seconda parte, la scoperta del fatto che $S_6$ rappresenti un caso eccezionale per il gruppo degli automorfismi è dovuta a O. Hölder [H895]. Oggi sono note varie dimostrazioni, e qui riporteremo quella presentata in [Rot95].

Innanzitutto, si dimostra che esiste un sottogruppo transitivo $K$ di $S_6$ avente ordine $120$ e che non contiene trasposizioni. Ciò segue dal fatto che $S_5$ agisce transitivamente per coniugio sui sei $5$-Sylow di $S_6$, dando un monomorfismo $S_5 \to S_6$. Dunque $K$ è una "copia esotica” di $S_5$ in $S_6$ (si noti che le copie date dalle immersioni naturali fissano un elemento, dunque non sono transitive).

Dopodiché, si fa vedere che $K$ ha esattamente sei coniugati in $S_6$, e che pertanto l’azione di coniugio di $S_6$ sull’insieme $X$ di tali coniugati fornisce un omomorfismo di gruppi $S_6 \to \mathrm{Perm}(X)$; identificando $X$ con l’insieme $\{1, \ldots, 6\}$, ciò dà un omomorfismo
$f \colon  S_6 \to S_6$, che risulta essere un automorfismo.

L’automorfismo $f$ non è interno, dato che non manda trasposizioni in trasposizioni, mentre ogni automorfismo interno preserva la struttura ciclica. Ciò mostra che $\mathrm{Out}(S_6)$ è non banale. La dimostrazione viene quindi conclusa facendo vedere che $f^2$ è interno e che non esistono altri automorfismi non-interni, a meno di composizione con elementi di $\mathrm{Inn}(G)$.

Per ulteriori dettagli, altre costruzioni e riferimenti alla letteratura, il lettore può consultare la corrispondente pagina Wikipedia.


Riferimenti.

[H895] O.  Hölder : Bildung zusammengesetzter Gruppen, Mathematische Annalen 46 (1895).
[Rot95] J. Rotman: An introduction to the theory of groups, Springer 1995.
[Se40]I E. Segal: The automorphisms of the symmetric group, Bull. Amer. Math. Soc. 46 (1940), no. 6.

16 novembre 2019

Dai neutrini agli autovettori

Ho insegnato Algebra Lineare agli studenti di Matematica per molti anni, e ovviamente il classico Teorema Spettrale per matrici Hermitiane costituiva uno dei risultati fondamentali del mio corso. Eppure, se qualcuno mi avesse detto che è possibile calcolare gli autovettori di una matrice Hermitiana di ordine $n$ conoscendone solo i suoi autovalori e quelli delle sue sottomatrici principali di ordine $n-1$, probabilmente l’avrei guardato come si guarda un folle. Una risultato di questo tipo mi sarebbe sembrato troppo bello per poter essere vero.

Eppure, è vero. Il recente preprint Eigenvectors from Eigenvalues di P. B. Denton, S. J. Parke, T. Tao, X. Zhang fornisce infatti la seguente semplice e inattesa formula per il calcolo (del quadrato del modulo delle componenti) degli autovettori di una matrice Hermitiana in funzione dei soli autovalori.
Teorema. Sia $A$ una matrice Hermitiana $n \times n$ con autovalori $\lambda_i(A)$ e autovettori normalizzati $v_i$. Sia $M_j$ la sottomatrice di $A$ ottenuta rimuovendo la $j$-esima riga e la  $j$-esima colonna. Allora, indicata con ${(v_i)}_j$ le $j$-esima componente di $v_i$, si ha \begin{equation} \label{taoetal}|{(v_i)}_j|^2 = \prod_{k=1, \, k \neq i}^n (\lambda_i(A)-\lambda_k(A))=\prod_{k=1}^{n-1} (\lambda_i(A)-\lambda_k(M_j))
\tag{$\heartsuit$}\end{equation}
Ancora più incredibile del teorema è la storia della sua scoperta. Denton, Parke e Zhang, infatti, erano giunti a congetturare la formula \eqref{taoetal} studiando un modello matematico che viene dalla Meccanica Quantistica e descrive il comportamento oscillatorio dei neutrini. Convinti che un risultato di questo tipo dovesse essere presente in ogni libro di Algebra Lineare, cercarono quindi un riferimento bibliografico da citare, ma invano. 

Dopo aver anche tentato invano di elaborare essi stessi una dimostrazione, a inizio agosto di quest’anno decisero di contattare T. Tao, vincitore della Medaglia Fields nel 2006 ed esperto internazionale di Teoria dei Numeri e Analisi Armonica. Con loro grande sorpresa, Tao rispose in poche ore, affermando di non aver mai visto niente del genere e fornendo nello stesso tempo tre differenti dimostrazioni dell’identità.

Dopodiché, si sa come vanno oggi queste cose: la notizia di un nuovo risultato per le care, vecchie matrici Hermitiane è diventata virale sui social network, e ha fatto il giro del mondo in poche ore.

Per una descrizione  dettagliata di questa affascinante collaborazione fra matematici e fisici, il lettore può consultare l’articolo ad essa dedicato da N. Wolchover su Quanta Magazine.

T. Tao nel 2006 (fonte Wikipedia)

09 novembre 2019

Matematici in pillole: I.M. Gelfand

Il grande matematico sovietico I.M. Gelfand (1913-2009) organizzò un famoso seminario
alla Moscow State University, che si svolse ininterrottamente dal 1943 al 1989, anno in cui Gelfand si trasferì alla Rutgers University. Il seminario vide la partecipazione di
matematici del calibro di E. Szemerédi, A. Kirillov, E. Frenkel, J. Bernstein, A.Beilinson, ed era famoso, oltre che per l’elevata qualità scientifica, per la modalità padre-padrone con cui veniva gestito da Gelfand.

Esso si svolgeva ogni lunedi nel vasto auditorium al 14mo piano dell’Università, e consisteva di un pre-seminario, che cominciava alle 18, e del seminario vero e proprio, che iniziava verso le 19 e comunque non prima dell’arrivo di Gelfand. Le sedute si protraevano spesso fino alle 22, e terminavano solo perché ad un certo punto arrivava la signora delle pulizie che intimava ai professori di uscire, dato che doveva chiudere a chiave la sala.

Lo stile era fedele al modello russo, con il conferenziere che veniva bombardato senza tregua con domande e osservazioni durante tutta la durata del talk. Se, dopo tre ore, il poveretto dava segnali di cedimento, Gelfand chiedeva ad uno “studente controllore”, da lui personalmente invitato, di spiegare ciò di cui si era discusso. Nel caso malaugurato in cui egli non fosse capace di farlo, la conclusione era invariabilmente che vi era stata poca chiarezza da parte dello speaker, che veniva per questo pubblicamente redarguito.

Fonte:
A. Beilinson: I.M.Gelfand and his seminar -- a presence, arXiv:1505.00710.

31 ottobre 2019

Phil Gallis

Su Topolino di questa settimana è presente la storia "Zio Paperone e il cavatappi quadridimensionale", nella quale compare il matematico Phil Gallis (chiaro riferimento alla medaglia Fields Alessio Figalli).


26 ottobre 2019

Matematici in pillole: D. Hilbert

Il grande matematico tedesco D. Hilbert (1862-1943) aveva molte passioni, ma la letteratura non rientrava fra queste. Un giorno, gli fu detto che uno studente aveva abbandonato la Matematica per diventare romanziere. Col suo usuale umorismo tagliente, Hilbert replicò: "La cosa non  mi stupisce. Non aveva sufficiente immaginazione per essere un buon matematico".

Una qualità leggendaria di Hilbert era il suo poter immergersi totalmente in un problema, una volta che avesse cominciato a pensarci. C'è un famoso aneddoto a riguardo, forse apocrifo. Durante il periodo in cui Hilbert era ossessionato dall'Ipotesi di Riemann, si presentò da lui uno studente con una dimostrazione. Hilbert fu impressionato dalla profondità dell'argomento, ma trovò un errore che non fu possibile correggere. L'anno dopo lo studente purtroppo morì, e Hilbert chiese alla famiglia di poter tenere un breve discorso commemorativo durante il funerale. Cominciò lamentando la terribile perdita di un giovane così dotato, autore di una dimostrazione ingegnosa, anche se incorretta. Eppure, forse non tutto era perduto e l'argomento del ragazzo poteva essere salvato. "Infatti", continuò pensieroso Hilbert, in piedi sotto la pioggia accanto alla tomba, "si prenda una funzione di variabile complessa..."

Fonte:
C. Reid: Hilbert, pages 175, 163.

19 ottobre 2019

La vita violenta di Oswald Teichmüller

I, like everyone else, do not doubt your ability to instruct suitable students of whatever origin in the purely abstract aspects of mathematics. But I know that many academic courses, especially the differential and integral calculus, have at the same time educative value, inducting the pupil not only to a conceptual world but also to a different frame of mind. But since the latter depends very substantially on the racial composition of the individual, it follows that an Aryan student should not be allowed to be trained by a Jewish teacher.

Da una lettera di O. Teichmüller a E. Landau (1933).


Siamo abituati a considerare i matematici come persone razionali e dedite principalmente ai loro studi, ma la storia ci presenta svariati esempi in cui studiosi anche brillanti furono travolti da passioni violente e irrazionali, che oggi giudichiamo indegne. Un caso famoso è quello di O. Teichmüller [1, 2] (1913-1943), famoso per i suoi profondi studi sulle mappe quasi-conformi (che portarono alla teoria che oggi porta il suo nome [3]) e, nello stesso tempo, fanatico adepto del partito nazista.

Teichmüller nacque a Nordhausen, e fece i suoi studi universitari nella prestigiosa sede di Göttingen, dove ebbe come docenti del calibro di R. Courant, G. Herglotz, E. Landau, Otto Neugebauer e H. Weyl. Nel 1931 si iscrisse alle SA, il braccio militare del NSDAP, e in breve tempo divenne uno dei loro membri più attivi e il punti di riferimento del partito nella Facoltà di Scienze. Non è ben chiaro se il fanatismo nazista di Teichmüller fu causa o effetto della sua militanza nelle SA.

Uno degli episodi più famosi in cui venne coinvolto in quel periodo fu il boicottaggio delle lezioni di calcolo differenziale e integrale tenute da E. Landau, che era ebreo (e che infatti poco dopo venne costretto a dimettersi dall’università a causa delle nuove leggi fatte passare da Hitler, che escludevano gli ebrei dagli impieghi pubblici di ogni tipo).

Arrivato in aula per la lezione inaugurale del suo corso, Landau vi trovò un solo studente, dato che gli altri erano stati convinti a restare fuori da Teichmüller e i suoi compagni di partito. Landau convocò Teichmuller nel suo ufficio per parlare della faccenda, e alla fine dell'incontro chiese che il giovane mettesse per iscritto quanto gli aveva detto a voce. Il risultato fu un’incredibile lettera (uno stralcio della quale è citato all’inizio del post) che mostra come anche una mente brillante possa essere vittima di profonde forme di indottrinamento e difendere senza vergogna idee che oggi giudicheremmo inaccettabili.

Il successore di Landau a Göttingen fu H. Hasse, sotto la cui direzione Teichmüller scrisse la sua tesi di dottorato, intitolata Operatoren im Wachsschen Raum. L’argomento era basato su un corso in Teoria degli Operatori tenuto da F. Rellich, ma Teichmüller rifiutò di avere Rellich come supervisore, in quanto questi era stato in precedenza l’assistente di R. Courant, che era ebreo e come tale era scappato dalla Germania negli Stati Uniti nel 1933.

Gli interessi scientifici di Teichmüller cambiarono dopo che ottenne un posto all’Università di Berlino, dove venne influenzato dai lavori in Analisi Complessa di L. Bieberbach (un altro fanatico nazista) e R. Nevanlinna. Nel 1938 difese la sua tesi di Abilitazione Untersuchungen über konforme und quasikonforme Abbildungen, nella quale introduceva gli strumenti matematici sui quali si basa la sua fama: le mappe quasi conformi e lo spazio che porta il suo nome, che oggi sono parte essenziale della teoria analitica degli spazi di moduli di curve.

Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Teichmüller venne arruolato nella Wehrmacht e successivamente, dopo la battaglia di Stalingrado, andò a combattere come volontario sul fronte orientale. Venne ucciso in battaglia nel 1943, mentre la sua unità cercava di raggiungere Kharkov.

Molti dei lavori di Teichmüller vennero pubblicati sulla rivista Deutsche Mathematik [4], diretta da Bieberbach e (almeno all’inizio) contenente anche articoli di propaganda per il NSDAP. Per questo motivo essa era presente in poche biblioteche in Europa, e ciò rese per lungo tempo difficile la lettura di Teichmüller in originale. Oggi esiste un Handbook of Teichmuller Theory [5], curato da A. Papadopoulos e pubblicato fra il 2007 e il 2016 dalla European Mathematical Society.


O. Teichmüller (fonte Wikipedia)

Riferimenti.

12 ottobre 2019

Matematici in pillole: G. H. Hardy

Il famoso teorico dei numeri inglese G. H. Hardy (1877-1947) era un ateo convinto. Ciò nonostante, si divertiva molto a "prendere in giro Dio", cosa alquanto strana per un non credente.

Ad esempio, durante un viaggio in Danimarca con mare particolarmente agitato, spedì ad un amico una cartolina, nella quale affermava di avere dimostrato l'Ipotesi di Riemann. Era infatti sicuro che, così facendo, la nave non sarebbe naufragata, in quanto Dio non avrebbe permesso che un ateo come lui potesse avere la stessa fama postuma acquisita da Fermat col suo Ultimo Teorema.

Durante le partite di cricket (sport che adorava) era solito portarsi dietro quello che chiamava il suo "apparato anti-Dio": maglione, ombrello, libri e articoli scientifici da leggere. Secondo il suo ragionamento, siccome Dio lo vedeva convinto che sarebbe piovuto, per fargli dispetto avrebbe fatto splendere il sole. In tal modo, Hardy avrebbe potuto godersi l'incontro sportivo in tutta tranquillità.

Fonte:
http://www-history.mcs.st-andrews.ac.uk/Biographies/Hardy.html

05 ottobre 2019

$\pi=4$?

Un famoso paradosso geometrico che ogni tanto rispunta fuori sul web è quello mostrato nella figura sottostante. Tramite un ingegnosa “inversione ripetuta degli angoli”, una circonferenza $C$ di diametro unitario viene approssimata uniformemente da una successione di curve poligonali $L_n$ di lunghezza costante $4$. Siccome la lunghezza di $C$ è per definizione uguale a $\pi$, passando al limite si ottiene $\pi=4$.




L’errore in questo ragionamento è piuttosto sottile ed è radicato profondamente nel significato di “lunghezza di una curva parametrizzata”. Il punto cruciale è che il calcolo di tale lunghezza (o, equivalentemente, il calcolo del suo parametro d’arco) coinvolge il calcolo della derivata della funzione parametrizzante, quindi se si vuole passare al limite delle lunghezze in modo corretto bisogna essere sicuri di avere un controllo anche sul limite delle derivate.

Infatti, è un risultato ben noto di Analisi Reale che se si ha una successione $x_n(t)$ di curve parametrizzate che converge ad una curva limite $x(t)$, non è detto che la lunghezza d’arco delle $x_n(t)$ converga alla lunghezza d’arco di $x(t)$.

Più generalmente, può accadere che due funzioni reali $f$, $g$ siano “molto vicine” fra loro su un intervallo compatto $I$, cioè $| f(t)-g(t) | <  \epsilon$ per ogni punto $t \in I$, ma le loro derivate rimangano “distanti”, ossia $|f’(t)-g’(t)| > c$ per una costante $c>0$.

Nel nostro caso, le poligonali $L_n$ approssimano uniformemente la circonferenza $C$ e l’area da esse racchiusa converge alla corrispondente area del cerchio, ma le loro lunghezze non approssimano la lunghezza della circonferenza, per la ragione spiegata sopra. Questo è un esempio del fatto contro-intuitivo (ma vero) che si può approssimare puntualmente una curva chiusa semplice e l'area da essa contenuta, senza necessariamente approssimarne la lunghezza.

Varianti di questo paradosso sono ottenute approssimando la diagonale di una quadrato con una successione di “curve a zig zag”, che forniscono il “valore” $\sqrt{2}=2$ (si tratta del cosiddetto “staircase paradox”).

Per ulteriori commenti e dettagli, il lettore può leggere i due interessanti thread su MathStackExchange [MSE12906] e [MSE43118].

Riferimenti.


21 settembre 2019

Numeri di Fibonacci e potenze perfette

Tutti conoscono la successione di Fibonacci $F_n$, definita per ricorrenza come $$F_0=0, \quad F_1=1, \quad  F_n=F_{n-1}+F_{n-2}$$ e i cui primi termini sono $$0, \,1, \,1, \,2, \,3, \,5, \,8, \,13, \,21, \,34, \,55, \,89, \,144, \ldots$$ Una domanda naturale è quali siano numeri di Fibonacci che siano anche quadrati perfetti, o cubi perfetti o, più generalmente, $n$-esime potenze perfette. Semplici esperimenti al calcolatore suggeriscono la seguente
Congettura: Le sole potenze perfette nella successione di Fibonacci sono 1, 8, 144.
Come spesso accade in Teoria dei Numeri, un enunciato ingannevolmente semplice nasconde un problema molto difficile. Infatti, la Congettura è vera, ma la dimostrazione completa si è avuta solo pochi anni fa, per mezzo di tecniche simili a quelle utilizzate per la dimostrazione dell’Ultimo Teorema di Fermat.

Sembra che il problema sia stata proposto (indipendentemente) da Moser-Carlitz e Rollet nel 1963. Il caso dei quadrati fu risolto (ancora indipendentemente) da Cohn e Wyler nel 1963. Quello per i cubi è invece un risultato della dissertazione dottorale di Finkelstein (1964).

Nei decenni successivi furono proposte varie dimostrazioni per specifici valori di $n$, finché il caso generale venne risolto nel 2006 da Bugeaud, Mignotte and Siksek in un complesso lavoro su Annals of Mathematics [1].

Per ulteriori dettagli, il lettore può consultare il post su MathOverflow [2] e il survey paper [3].


Riferimenti.

[1] Y. Bugeaud, M. Mignotte, S. Siksek: Classical and modular approaches to exponential Diophantine equations. I. Fibonacci and Lucas perfect powers, Annals of Mathematics 163 (2006), 969-1018.


[3] V. Andreijc: On Fibonacci powers, Univ. Beograd. Publ. Elektrotehn. Fak., Ser. Math 17 (2006), 38-44.

08 settembre 2019

La congettura di Pólya

Considerato l’insieme $M(n)$ dei numeri naturali minori o uguali a $n$, possiamo considerare la sua partizione formata dai due sottoinsiemi $O(n)$ e $E(n)$, dove $O(n)$ sono gli elementi di $M(n)$ aventi un numero dispari di fattori primi (contati con molteplicità) e $E(n)$  sono quelli aventi un numero pari di fattori primi.

Nel 1919, il matematico ungherese G. Pólya congetturò [1] che $O(n)$ è sempre più numeroso di $E(n)$, ossia che “più della metà” dei numeri naturali possiede un numero dispari di fattori primi distinti. Questa divenne nota come congettura di Pólya [2].

In termini tecnici, la congettura di Polya si può esprimere come $$L(n) = |E(n)|-|O(n)|= \sum_{k=1}^n \lambda(k)  \leq 0,$$ dove $\lambda(k)$  è la funzione di Liouville, che vale $1$ se $k$ ha un numero pari di fattori primi (sempre contati con molteplicità) e $-1$ altrimenti.

La congettura di Pólya è verificata fino a valori di $n$ superiori a $900$ milioni.  Tuttavia, essa venne confutata da C. B. Haselgrove nel 1958 [3], e il primo controesempio esplicito ($n=906180359$, per il quale $L(n)=1$) venne esibito da R. S. Lehman nel 1960 [4]. Oggi si sa che il più piccolo controesempio è $n = 906150257$, come dimostrato da M. Tanaka nel 1980 [5].

Questo è un tipico esempio che mostra come la mera evidenza numerica di un dato risultato aritmetico, anche per numeri che ci sembrano piuttosto grandi, implica ben poco riguardo la sua validità generale.

I primi valori di $n$ per i quali $L(n)=0$ sono $$n=2, \, 4, \, 6, \, 10, \,16, \, 26, \, 40, \, 96, \, 586, \, 906150256, \ldots$$
vedi la successione OEIS A028488. Recentemente, è stato dimostrato che la funzione $L(n)$ cambia segno infinite volte, vedi [6] e [7].


G. Pólya (circa 1973, fonte Wikipedia)

Riferimenti.

[1] G. Pólya: Verschiedene Bemerkungen zur Zahlentheorie, Jahresber. deutschen Math.-Verein. 28 (1919), 31-40.
[3] C. B. Haselgrove: A Disproof of a Conjecture of Pólya, Mathematika (1958), 141-145.
[4] R. S. Lehman: On Liouville's Function,  Math. Comput. 14 (1960), 311-320.
[5] M. Tanaka: A Numerical Investigation on Cumulative Sum of the Liouville FunctionTokyo J. Math. (1980), 187-189.
[6] P. Borwein, R. Ferguson, M. J. Mossinghoff: Sign Changes in Sums of the Liouville Function, Mathematics of Computation 77 (2008), no. 263, 1681–1694.
[7] P. Humphries: The distribution of weighted sums of the Liouville function and Pólya’s conjecture, Journal of Number Theory 133 (2013), 545–582.

18 agosto 2019

Occhi azzurri e occhi neri

Non sono un grande fan degli indovinelli logici, ma ogni tanto ne incontro qualcuno che stuzzica la mia curiosità.

In particolare, sono attratto da quelli nei quali vengono proposte due soluzioni, entrambe
apparentemente senza errori, che portano a conclusioni opposte. Trovare la fallacia in una di esse (o in entrambe) permette di analizzare in modo più approfondito alcuni modi di ragionare, la cui correttezza diamo in genere per scontata, e può fornire interessanti riflessioni di tipo epistemologico.

Uno di questo tipo nel quale mi sono imbattuto di recente è il seguente, del quale esistono diverse varianti e che chiamerò qui “Occhi azzurri e occhi neri”.

In una lontana isola vive una popolazione di 200 persone, 100 con gli occhi azzurri e 100 con gli occhi neri. Parlare del colore degli occhi è tabù nell’isola, per cui ognuno conosce il colore degli occhi dei restanti 199 abitanti, ma non quello dei suoi.  In più, se per qualche motivo uno scopre il colore dei propri occhi, la religione dell’isola (che tutti seguono alla lettera) lo costringe a commettere suicidio rituale a mezzogiorno del giorno dopo. Infine, tutti gli abitanti dell’isola sono estremamente logici, nel senso che ogni conclusione che può essere tratta logicamente da alcune premesse diventa immediatamente e automaticamente patrimonio della collettività.  Un giorno, un forestiero con gli occhi azzurri arriva sull’isola e vi resta qualche tempo. Andando via, pronuncia un discorso di ringraziamento di fronte all’intera tribù e, dimenticando il tabù che vi regna, esclama “Che strano vedere qui qualcuno con gli occhi azzurri come me!”

Questa gaffe del forestiero ha conseguenze? Se si, quali?
Soluzione 1. La gaffe non ha nessuna conseguenza. Infatti, ciascuno dei 200 abitanti poteva già vedere intorno a sé persone con gli occhi azzurri (100 o 99, a seconda del colore dei suoi occhi), dunque la frase pronunciata dallo straniero non aggiunge nulla al patrimonio di conoscenza di ciascuno.
 Soluzione 2. 100 giorni dopo la gaffe, tutti gli isolani con gli occhi azzurri commettono  suicidio rituale. Il ragionamento è il seguente. Passo 1. Se vi fosse un solo isolano con gli occhi azzurri, egli vedrebbe intorno a lui solo isolani con gli occhi neri. Dunque la gaffe del forestiero gli farebbe capire immediatamente il colore dei suoi occhi, e il giorno dopo si dovrebbe suicidare. Passo 2. Immaginiamo vi siano esattamente due isolani con gli occhi azzurri, diciamo X e Y. Allora X pensa: se io non ho gli occhi azzurri, segue subito che Y è l’unico con gli occhi azzurri, dunque domani commetterà suicidio (vedi Passo 1). Ovviamente, Y ragiona in modo analogo. Visto che il giorno dopo nessuno si suicida, sia X che Y capiscono di avere gli occhi azzurri, e il giorno dopo ancora si uccidono entrambi.Per induzione, si arriva al Passo 100, cioè alla conclusione che tutti i 100 isolani con gli occhi azzurri si suicideranno dopo 100 giorni (osserviamo che, se per qualche motivo fosse noto a priori che esistono solo due colori di occhi, allora i restanti 100 isolani si suiciderebbero tutti il giorno dopo ancora, ma questo non è rilevante in questa sede).

La soluzione corretta al rompicapo è la Soluzione 2: per quanto apparentemente insignificante, la gaffe dello straniero contiene in realtà una quantità di informazione aggiuntiva sufficiente ad innescare il processo logico-deduttivo che porta, dopo 100 giorni, al suicidio di massa degli isolani con gli occhi azzurri.

La nozione tecnica rilevante qui è quella di “common knowledge” [1]: per determinare il comportamento degli isolani non è importante solo ciò che il singolo individuo conosce degli altri isolani, ma anche ciò che ogni individuo conosce rispetto alla conoscenza altrui.

Siccome che la popolazione sia formata da 200 individui non è ovviamente essenziale, supponiamo in generale che sull’isola vi siano $2n$ persone, $n$ con gli occhi azzurri e $n$ con gli occhi neri. Al giorno $0$, fino al momento immediatamente precedente la gaffe dello straniero, la common knowledge è

$(1)$ ogni isolano sa che vi sono almeno $n-1$ isolani con gli occhi azzurri.

Questa è una situazione di equilibrio, che può durare per sempre dato che, ragionando logicamente a partire da $(1)$, nessuno ha modo di conoscere il colore dei propri occhi.

Subito dopo la gaffe dello straniero, la common knowledge risulta modificata in modo radicale, tanto che tutti gli individui con gli occhi azzurri si suicidano insieme dopo n giorni.

Per comprendere come la gaffe dello straniero modifica la common knowledge, consideriamo il toy model con $n=2$, cioè $2+2$ isolani, e supponiamo che quelli con gli occhi azzurri si chiamino $X$ e $Y$.

Prima del discorso del forestiero, $X$ sa che esistono sull’isola persone con gli occhi azzurri (per via di $(1)$) ma non sa che anche $Y$ lo sa. Analogamente, $Y$ sa che esistono sull’isola persone con gli occhi azzurri, ma non sa che anche $X$ lo sa.

Immediatamente dopo la gaffe del forestiero, la common knowledge di $X$ e $Y$ risulta invece la seguente:

$(1)$ entrambi $X$ e $Y$ sanno che vi è almeno un isolano con gli occhi azzurri
$(2)$ $X$ sa che $Y$ sa che vi è almeno un isolano con gli occhi azzurri, e viceversa.

La modifica della common knowledge data da $(2)$ agisce come detonatore, innescando l’induzione e dunque il suicidio di $X$ e $Y$ dopo 2 giorni.

È importante osservare che $(2)$ non sarebbe possibile senza la gaffe dello straniero, e che è fondamentale che il discorso dello straniero sia pubblico: infatti, se lo straniero si limitasse a pronunciare la sua frase nell’orecchio di ciascun isolano dopo averlo preso in disparte, non accadrebbe nulla, dato che in tal caso non vi sarebbe alcuna variazione nella "conoscenza della conoscenza".

Il caso con $n ≥ 3$ isolani si tratta induttivamente nello stesso modo, con variazioni della common knowledge del tipo “$X$ sa che $Y$ sa che $Z$ sa che vi è almeno un isolano con gli occhi azzurri” e via discorrendo.

Questo interessante e sottile rompicapo è stato analizzato molte volte, dato che si presta a differenti interpretazioni di tipo sia logico che epistemologico. La medaglia Fields T. Tao vi ha dedicato un post [2] nel suo famoso blog, e ulteriori stimolanti discussioni si possono trovare nei thread [3] e [4].


Riferimenti.

[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Common_knowledge
[2] https://terrytao.wordpress.com/…/the-blue-eyed-islanders-p…/
[3] https://puzzling.stackexchange.com/…/in-the-100-blue-eyes-p…
[4] https://math.stackexchange.com/…/100-blue-eyed-isla…/490546…

09 agosto 2019

Commuting in Lisbon

Aeroporto di Lisbona: un celebre ritratto di Niels Henrik Abel (1802-1829) sulla coda di un aereo della Norwegian Airlines.


31 luglio 2019

Strade portoghesi

Passeggiare per le strade di Coimbra, sede di una delle più antiche università d'Europa, può riservare piacevoli sorprese.

20 luglio 2019

Lezioni perfette danno risultati perfetti?

Siamo ormai a fine luglio, e chi a settembre insegnerà per la prima volta un nuovo corso
(come nel mio caso) comincia a pensare a che libri di testo adottare e a come strutturare
le lezioni.

Personalmente, ho sempre cercato di adottare un approccio abbastanza rigoroso e lineare alla materia: esempi elementari per motivare le definizioni, lemmi, proposizioni, teoremi, dimostrazioni complete, altri esempi più sofisticati, controesempi che mostrino l'importanza delle ipotesi. E infine, ovviamente, esercizi  da svolgere a casa per consolidare le nozioni apprese in classe.

Probabilmente, cerco di riprodurre in aula il tipo di lezione che piace a me.

In un certo senso, quindi, anch'io tendo a svolgere una sorta di "lezione perfetta", in cui tutti i pezzi si incastrino alla perfezione e che lasci gli studenti sorpresi ed entusiasti, come dopo un bel film. Una lezione nella quale nulla sia lasciato al caso, ogni cosa sia spiegata per filo e per segno,
e che magari si concluda con un bel risultato inaspettato ottenuto come corollario della teoria generale, una specie di colpo di scena finale alla Black Mirror (uno dei miei esempi preferiti è il Teorema di Perron-Frobenius  ricavato come conseguenza del teorema del Punto Fisso di Brouwer).

Tuttavia, a volte mi chiedo se questo sia l'unico approccio possibile, o perfino se sia davvero quello che fornisca i migliori risultati in termini di apprendimento.  In alcuni momenti ho l'impressione che la "lezione perfetta" nel senso di cui sopra sia uno show del docente, e che gli studenti siano dopotutto soggetti passivi ai quali si fornisce del materiale perfettamente pre-digerito, la cui assimilazione è dunque (relativamente) facile ma che, nel lungo periodo, dà loro poche competenze in ambito di problem-solving, per usare una espressione di cui oggi forse si abusa.

E infatti, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale, la parte che gli studenti trovano più difficile non è studiare la teoria, che magari conoscono per filo e per segno, ma svolgere gli esercizi. Forse lezioni troppo chiare e dettagliate li disabituano allo sforzo necessario per comprendere un enunciato e provare a dimostrarlo in autonomia?

Quando ero studente, c'erano docenti che si vantavano addirittura di compiere appositamente degli errori durante la lezione, in modo da testare il senso critico dell'uditorio, costringerlo ad un'attenzione costante ed evitare l'effetto "pappa pronta". Questo tipo di provocazioni mi ha sempre lasciato diffidente, sia perché non mi piace scrivere  enunciati o dimostrazioni sbagliati, neanche per di una buona causa, sia perché dopotutto ritengo di essere pagato per insegnare, non per svolgere esperimenti sociali in aula.

Mi domando però se metodi alternativi alla lezione frontale, tipo le "flipped classroom" che oggi vanno tanto di moda in alcune scuole superiori, possano aiutare in tal senso, e se sia davvero possibile implementarli con successo in un corso universitario di Matematica.

Alla fine,  lezioni perfette danno davvero risultati perfetti, o bisognerebbe cominciare ad approcciarsi alla didattica (anche) in modo diverso?