27 novembre 2017

Souvenirs d'apprendissage

Come fare appassionare i giovani alla Matematica, materia che ha la fama (e non completamente a torto) di essere ostica, difficile? Si tratta chiaramente di una domanda senza una risposta univoca, dato che il talento matematico è con ogni probabilità una combinazione di abilità innata ed educazione ricevuta.

Molti matematici di successo hanno provato a spiegare, nella loro autobiografia scientifica, il primo approccio avuto con la materia. Si possono ricordare qui "I want to be a mathematician" di P. Halmos, "Ricordi d'apprendistato" di A. Weil, "Avventure di un matematico" di S. Ulam, "Il teorema vivente" di C. Villani, "Amore e matematica" di E. Frenkel.

Dato l'interesse del loro contenuto, ciascuno di questi libri meriterebbe un post a parte. In ognuno di essi, tuttavia, è presente ad un certo punto un episodio rivelatore, un'epifania riguardo la bellezza e potenza della Matematica, spesso indotta da un docente o da una lettura. Nel libro di Frenkel, ad esempio, l'autore narra della propria frustrazione nel cercare di capire da adolescente la teoria dell'"ottuplice via" di M. Gell-Mann (cioè, la cromodinamica quantistica) sui libri di fisica, e della gioia e sorpresa che provò il giorno in cui si rese conto (grazie ad un libro prestatogli da un professore di Matematica amico di suo padre) che tutto derivava in modo chiaro ed elegante dalla teoria delle rappresentazioni del gruppo di Lie $SU(3)$.

Personalmente, non ricordo di essere stato indirizzato verso i miei studi di Matematica da qualcuno. Di fatto, non trovavo entusiasmante nessuno dei miei professori di scuola media o superiore, e nessuno nella mia famiglia era particolarmente interessato alla disciplina. Tuttavia, nella libreria di mio zio, a casa di mia nonna materna, c'era questo libro "Enigmi e Giochi Matematici" di M. Gardner (solo il Volume 4, chissà perché) e per qualche motivo che ora non saprei dire cominciai a leggerlo, passandovi sopra ore intere. Potevo avere 11-12 anni e, per dirla con i Massimo Volume, "penso che in quel periodo la mia vita fosse tutta lì".

C'erano articoli sul paradosso dell'impiccagione imprevedibile, sul numero e, sui sezionamenti geometrici, sulle spirali, su Flatland, sulla curve ad ampiezza costante, sui giochi d'azzardo, sulle figure auto-similari, di cui ovviamente capivo ben poco. Ma erano scritti in un linguaggio chiaro e coinvolgente, che ammaliava il lettore e non lo lasciava più, lasciandogli intravvedere chissà quali territori meravigliosi da esplorare.

Per molto tempo fui anche convinto che Gardner fosse un matematico professionista, all'epoca non c'era Wikipedia a fornire ogni biografia con un click. Solo molti anni dopo, e con mia grande sorpresa, scoprì che era un abilissimo giornalista scientifico e divulgatore, con una preparazione non specialistica nella materia.


M. Gardner (fonte Wikipedia)

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